Il mio blog preferito

giovedì 29 agosto 2013

Di timbri e di doni



Aggiornamenti dalla biblioteca: il timbro "dono di" che era sembrato tanto irrituale alla Segreteria è arrivato abbastanza in fretta, e devo dire che è il più schifido timbro di questa categoria che mai abbia visto: invece di un sobrio "dono di" su una sola riga questo è strutturato su due righe: "Dono" sulla prima, "di" seguito da una lunghissima linea dove scrivere il nome del donatore (che ci permetterà di rendere giustizia anche alle eventuali donazioni della Contessa Serbelloni Mazzanti Viendalmare) sulla seconda. Ingombrante e complicato da maneggiare come più non si potrebbe, ma ce lo siamo tenuto senza batter ciglio perché tutte le mie energie a Settembre si concentreranno sul timbro a molla automatico e autoinchiostrante per l'inventariazione, che si sta rivelando complicatissimo da procurarsi perché in Segreteria non riescono a capire cosa diamine sia nonostante abbia già provato due volte a spiegarglielo, aiutandomi pure con foto e disegnini presi da Internet.
In compenso la loro domanda "Chi è che può farvi un regalo?", ormai passata di diritto tra le Ultime Parole Famose, ci sta portando decisamente fortuna. In verità sembra che tutti possano, e soprattutto vogliano, farci regali, il tutto senza che ancora sia stata avviata la questua tra genitori e alunni.

Alcuni colleghi avevano cominciato già a Giugno a portare doppioni di libri che tenevano in casa. Poi Artistica ha chiesto se mi sarebbe interessato guardare un po' tra i libri della Cooperativa Benefica del paese, e il risultato sono state tre grosse sporte colme di libri.
Agli inizi di Luglio Sary mi offrì di prendere qualcosa da certi suoi scaffali - e partii da casa sua con altre tre borse di libri, un po' meno grosse di quelle della Cooperativa. 
Siccome non volevo tenermeli per casa la mattina dopo feci un rapidissimo raid a scuola, dove colsi l'occasione per sistemare anche tre grosse sporte di libri scolastici che qualche madre aveva appena portato - particolarmente pregiati perché erano tutti libri in corso nelle nostre classi e quindi ci avrebbero eventualmente permesso anche di rifornire qualche alunno in difficoltà, o qualche insegnante arrivato in Ottobre grazie al nostro efficientissimo Provveditorato.

Due settimane dopo, ormai alle porte di Agosto, andai alla biblioteca comunale di St. Mary Mead al solo scopo di cambiare i miei cinque libri di indagini di fratello Cadfael con altri cinque libri di indagini di fratello Cadfael. Dopo che avevo  pescato dalla cesta del libero scambio due antologie di racconti curate da Asimov, la bibliotecaria mi si è avvicinata con fare insinuante per chiedermi se magari non volevo dare un'occhiata "nello stanzino dei peccati", dove stavano le donazioni non inventariate perché doppie.
Il risultato sono state quattro grosse pile di libri - che ho chiesto di accantonarmi, perché portarmele su e giù tra Lungacque e St. Mary Mead non mi sembrava pratico.

Infine a Ferragosto un'amica che sta procedendo al classico e capillare riordino che in Agosto tutti, prima o poi, facciamo con le nostre librerie, mi ha offerto venticinque classici venticinque in ottimo stato, compresi gli introvabili Polyanna e Bambi. Attualmente stazionano in casa mia, in due grosse pile sulla consolle dell'ingresso.

Già: chi mai potrebbe desiderare di fare un regalo alla biblioteca scolastica di St. Mary Mead? Davvero non riesco a immaginarmelo.

lunedì 26 agosto 2013

Haeretica - Contro le recienzioni.

Cosa c'è di più affascinante di un libro? 
Cosa c'è di più pallificante di un libro?

Chiamansi recienzioni (le forme correnti in realtà sono recenzionereciensione, ma una collega ha trovato più comodo fondere le due parole) quelle strane schede che vengono molto spesso rifilate agli sventurati alunni delle scuole medie (ma c'è chi comincia già alle elementari), di solito con cadenza mensile o, più raramente, durante le vacanze estive o natalizie. In pratica l'alunno legge un libro e poi su quel libro compila una scheda.
La maggior parte degli insegnanti lascia una certa libertà nella scelta del testo, pur mettendo paletti qua e là onde evitare che vengano scelti solo libri che ritiene di qualità infima o non abbastanza impegnativi (ad esempio i Piccoli Brividi, o Geronimo Stilton). Talvolta viene assegnata una lista e da quella si deve scegliere il libro - e quest'ultimo sistema avrebbe forse i suoi vantaggi, se gli insegnanti avessero l'accortezza di leggere tutti i libri che consigliano, o riflettessero seriamente sui titoli che assegnano.
Le schede comprendono, o meglio dovrebbero comprendere, una sintesi del contenuto (detta anche riassunto), un'analisi dei personaggi, un giudizio motivato che comprenda anche una valutazione di stile e  lessico, nonché l'indicazione del messaggio che l'autore ha voluto trasmettere. E giuro su quanto ho di più caro che non sto scherzando.
Quel che poi gli alunni consegnano è di solito un testo decisamente tirato via che contiene un riassunto che raramente si segnala per qualità e un giudizio critico del tipo "Questo libro mi ha un po' annoiato perché ci sono troppe descrizioni", con descrizioni dei personaggi non pervenute; se pure consegnano qualcosa, perché qualcuno (soprattutto se ha un profitto nella fascia più bassa) risolve la questione non consegnando proprio niente. Naturalmente c'è anche chi consegna mirabili schede compilate in ogni parte e ricche di osservazioni originali e interessanti - e guarda caso si tratta di quei qualcuni che in italiano hanno sempre voti molto, molto alti.

Trovai questa curiosa pratica in uso sin dalla mia prima supplenza breve, e di recienzioni nei miei primi anni di insegnamento ne ho corrette un bel po', oltre ad ascoltare i lamenti delle colleghe davanti alle recienzioni che venivano loro consegnate. Il mio atteggiamento, inizialmente piuttosto neutrale (non sono mai stata convinta che costringere a leggere chi non ne ha nessuna voglia sia un'azione valida sul piano etico, ma avendo sempre letto molto pensavo che un libro al mese non fosse poi questa gran cosa) ha finito per sfociare in una completa ostilità, per tutta una serie di considerazioni basate anche su quel che sentivo dire dai ragazzi.

Di solito quella della recienzione viene considerata una pratica virtuosa e che richiede scarso impegno da parte degli alunni, perfettamente descritta dalla frase ricorrente "Che vuoi che sia un libro al mese?".
E proprio dal "Che vuoi che sia?" potremmo cominciare. Secondo le statistiche degli ultimi anni una buona metà degli italiani non legge nemmeno un libro all'anno, mentre la percentuale di chi ne legge uno o più al mese oscilla intorno al 15%. Questo significa che l'insegnante del "che vuoi che sia, un libro al mese" pretende con grande nonchalance una cosa che per molti è assolutamente contro natura, ovvero leggere ben un intero libro al mese.
Il punto è che questa cosa del tutto contro natura viene richiesta in aggiunta a tutto il resto dei compiti, a un orario scolastico pesante e pure alle attività esterne. Se l'alunno considera la lettura un'attività piacevole e divertente cercherà e troverà i ritagli di tempo per farlo, altrimenti sarà solo un fardello in più cui si accosterà con grande malumore. Peggio ancora se intorno a lui la famiglia, che normalmente apre un libro una o due volte l'anno sotto l'ombrellone, continuerà ad esortarlo a leggere "che hai il libro del mese da finire". 
A questo punto verrebbe spontanea la domanda: ma l'insegnante di Lettere che assegna la scheda, lo legge, un libro al mese?
I risultati potrebbero essere sorprendenti. Gran parte degli insegnanti di Lettere che conosco ama tanto la lettura, è sempre prontissima a tessere caldissimi elogi della lettura, trova che la lettura sia la più bella cosa del mondo... ma purtroppo non ha tempo per leggere. Ci sono i figli, c'è il marito da badare, poverello (no, la moglie non è vista come un carico di lavoro ulteriore, di solito. Tuttavia niente lascia supporre che l'insegnante di Lettere maschio legga di più della sua controparte femminile. Caso mai il contrario, dicono le solite statistiche, che affermano che le donne leggono più degli uomini). C'è la casa. E poi il lavoro, i compiti da correggere, le lezioni da preparare... insomma, l'insegnante non ha tempo ma trova normalissimo che l'alunno ce l'abbia.
(N.B.: conosco anche molti insegnati di Lettere che sono accaniti lettori, ma nessuno di loro ha mai istituito l'uso del Libro del Mese con recienzione annessa).

Secondo aspetto della questione: per leggere occorre un libro. Ma, al contrario di quel che molti sembrano pensare, non tutti i libri vanno bene. I ragazzi non sono fatti in serie, e ognuno ha i suoi gusti e le sue inclinazioni. Il lettore forte, che fin dall'inizio ha provato immenso divertimento a tuffarsi in una storia scritta, sviluppa ben presto spiccate preferenze: ha i suoi generi preferiti, i suoi autori preferiti, i suoi libri preferiti. Si orizzonta senza difficoltà in libreria e in biblioteca, spulcia, spelluzzica, esperimenta, trancia giudizi, si schifa e si entusiasma. La sua famiglia (non di rado costituita a sua volta da lettori forti, perché certe caratteristiche sono anche ereditarie) lo porta in libreria, lo iscrive alla biblioteca del comune o del quartiere, lo assiste con regali scelti con cura, consiglia parenti e amici che in occasione di Natale e dei compleanni sono a caccia di idee per i regali di rito. 
Poi ci sono gli altri. Nelle loro case i libri scarseggiano, e i pochi presenti sono stati comprati per lo più per avere qualcosa da leggere sotto l'ombrellone; costoro vanno in libreria al massimo una volta l'anno per comprare qualche regalo e si accostano timidamente ai commessi "Ho un amico cui piace leggere, cosa potrei regalargli?" è la loro tipica domanda di esordio, e tutte le volte che la sento solidarizzo con tutta me stessa col povero libraio che non può permettersi l'unica risposta valida in questo caso, ovvero "So una sega io!". Talvolta la domanda (ancora più disperante) è "Cerco un libro per una ragazzina di dodici anni, cosa mi consiglia?". Già, ma la ragazzina ama le storie d'amore o la letteratura fantastica? O predilige la letteratura fantastica, ma con una storia d'amore dove il protagonista maschile abbia un carattere dolce ma razionale? Oppure ama soprattutto i gialli? Magari le piacerebbe moltissimo un libro sugli insetti o sulle stelle, ma nessuno glielo regalerà mai perché non ha mai pensato a chiederlo (ed è difficile fare la scheda del libro del mese da un libro di biologia sugli insetti, anche se è probabile che l'insegnante accoglierebbe con entusiasmo un tocco di originalità). Magari leggere l'annoia a morte, ma potrebbe trovarlo sopportabile se qualcuno le trovasse il libro giusto. Peccato che gli adulti che ha intorno si muovano in quel campo con la stessa disinvoltura di un tordo invischiato.
Una biblioteca scolastica ben curata sarebbe magari utile per fare qualche onesto tentativo, ma sappiamo tutti in che condizioni vertano attualmente le biblioteche scolastiche. Alcuni insegnanti tentano di supplire facendo "la biblioteca di classe", spesso formata da qualche resto pescato dal mucchio della biblioteca scolastica, un po' di edizioni ridotte di narrativa per ragazzi e qualche doppione di casa loro scelto con scarsa cognizione degli interessi dei loro alunni; e proprio da lì pescano i più sfigati e inesperti, perché se non altro sono libri a portata di mano, mentre i più esperti della classe faranno la scheda sul settimo volume della Saga dei Gatti Guerrieri o sul Ritorno del Fantasma Verde, nuovo cult della stagione di cui discutere accanitamente con gli amici durante l'intervallo. E proprio a causa della loro inesperienza in materia gli sfigati di turno si lasciano guidare da criteri davvero aleatori, ad esempio la lunghezza, (senza nemmeno considerare che, oltre al numero di pagine, andrebbe per lo meno considerata anche la grandezza del carattere di stampa e il tipo di impaginazione). Chi ha un po' di dimestichezza con i libri sa che un libro può essere più o meno "facile" a seconda della trama e dello stile, e anche la notorietà dell'autore ha un suo peso (se in tanti l'hanno letto, vuol dire che se non altro costui o costei sanno come farsi leggere, e arrivare in fondo potrebbe non rivelarsi una tragedia) - tutti criteri istintivi per chi ha un po' di dimestichezza con quella strana roba a stampa, ma assolutamente astrusi per chi non ha la minima idea di come funzionano gli strani oggetti testé citati.

Qualsiasi libro però, anche quello scelto o comprato con entusiasmo, può risultare una tavanata galattica. Magari lo è davvero, magari semplicemente non è il genere giusto, lo stile giusto, la storia giusta, il momento giusto. Un libro è solo una roba piena di parole, non ha nessun potere taumaturgico e non è detto che si raccomandi per qualità o capacità di suscitare interesse.
E arriva così il momento in cui, dopo che ormai da dieci giorni sei inchiodato a pagina 30 e ogni sera trovi una scusa diversa per non continuare, prendi atto della situazione e ammetti che preferiresti entrare in un alveare piuttosto che continuare a leggere quel libro. Ma tra cinque giorni c'è la scheda da consegnare. Gli altri libri che hai a disposizione sono di almeno 200 pagine e ti sembrano attraenti quanto un attacco di appendicite. Che fare?
Puoi spelluzzicare la tavanata galattica, fare un riassunto senza capo né coda e sperare in dio.
Puoi cercare il riassunto in rete - che spesso è fatto malissimo, perché anche chi mette i riassunti in rete non è detto che si diverta a leggere. Naturalmente i lettori esperti sanno come procurarsi un riassunto almeno decoroso, ma... spesso non hanno alcun motivo per cercarlo, in quanto preferiscono farselo in proprio, dandogli un loro taglio personale.
Puoi chiedere aiuto a qualcuno che ha già letto la tavanata che hai incautamente scelto - SE qualcuno che conosci l'ha già letta, ed è disposto a darti una mano (il che non è detto, magari avete litigato la settimana prima).
Puoi saltare la consegna della scheda. Magari è la terza volta di fila che la salti. Magari in Italiano non vai nemmeno tanto bene. In famiglia sbuffano: e non finisci mai un libro, e non ti va bene niente, e non hai costanza né nerbo né fibra morale e loro, alla tua età, leggevano sette libri a fila in un giorno (ma chissà perché adesso non ne leggono nemmeno uno al mese)...
Oppure sei di quelli coscienziosi, che piuttosto che non consegnare un compito entrerebbero in due alveari. E allora devi finire il libro, a qualsiasi costo.*

Alla fine, dopo gran patire e infinito sfoggio di autocommiserazione e ribellione, il libro è finito. E c'è ancora da fare la recienzione.
La quale recienzione, così come la pretendono di solito, non è affatto facile da confezionare.
Prima di tutto, il riassunto. La maggior parte degli alunni di scuola media non sa fare un buon riassunto (come del resto la maggior parte degli adulti). 
Premesso questo, il "riassunto" è una bestia con più branche e branchie di un branco di pesci, e ce ne sono centinaia di tipi diversi. Parlando di libri ci sono almeno tre generi diversi di riassunti: quello che dovrebbe invogliarti a leggere il libro, quello che potrebbe quasi sostituire la lettura del libro e quello che riesce in poche parole a spiegarti di cosa parla il libro. Il primo è quello che l'editore mette in giro per procurarsi acquirenti, il secondo è usato da chi sta scrivendo un saggio critico su quell'autore e quel libro e deve quindi scendere nei dettagli, il terzo ci si scambia tra amici. Per una recienzione il terzo tipo sarebbe l'ideale, peccato che sia difficilissimo da fare, specie per i libri per ragazzi. Esistono infatti dei libri per adulti che si riassumono con relativa facilità in poche parole: "C'è un gruppo di villeggianti che vorrebbe andare in gita a un faro. Finiscono poi per andarci solo qualche anno dopo"; "E' un'autobiografia dell'imperatore romano Adriano"; "Un tale, finito in analisi, ripercorre la storia della sua vita". Ma un libro per ragazzi ha quasi sempre un intreccio, e piuttosto complesso. Sintetizzarlo in poche frasi richiede un notevole abilità. Quasi sempre il malcapitato comincia un riassunto dettagliato, si stufa e taglia via; oppure prova a cercare in rete, copia con pazienza quel che trova e non capisce come mai l'insegnante se ne accorge quasi sempre.
L'analisi dei personaggi si risolve, quattro volte su cinque, con una descrizione fisica o il racconto di quel che il personaggio fa, anche se i più smaliziati riescono a costruire una frase fatta del tipo "Laura: è una ragazza di 16 anni, bionda, con un carattere allegro che la porta a vedere sempre il lato positivo delle cose" oppure "Stefano: è un ragazzo buono ma sfortunato" (e di solito è una frase che si può facilmente trovare nelle prime pagine, dove il personaggio è introdotto, se non direttamente sul risvolto o sul retro del libro).

Al di là della difficoltà oggettiva di riassumere storie, descrivere personaggi ed estrapolare messaggi, la cosa si presenta ardua anche quando il libro è stato letto con passione e partecipazione, anzi, ancor di più in questi casi: chi legge di solito pensa a leggere, e più che la raffinata analisi psicologica dei protagonisti gli interessa sapere se troveranno il tesoro, riabiliteranno lo zio di uno di loro, ingiustamente accusato di furto di polli o si metteranno insieme. Non sempre segue tutta la vicenda nei minimi dettagli, tante cose non lo interessano e addirittura fraintende passaggi anche abbastanza cruciali. A volte si perde un po', di cosa succede all'allevatore di polli defraudato del pollame non gli importa un accidente e del fatto che la protagonista è riuscita a liberarsi gli interessa solo l'evento principale, ovvero che è riuscita a liberarsi, e per quanto riguarda come sia riuscita a liberarsi, mah, faccia un po' lei e andiamo avanti con la storia.
Si tratta quindi di una lettura superficiale? Ah, può ben essere. Ma tanta gente legge così, per andare avanti nella storia, senza avere in mente il futuro terzo grado che la scheda gli imporrà; e chi legge per rendere conto con cura di quel che ha letto (tutti gli studiosi di letteratura, per esempio) non può permettersi di godere liberamente la lettura. Spesso il prezzo da pagare è una vaga nausea al solo pensiero di mettersi a leggere. 
L'insegnante di Lettere fatica a capirlo, perché ha alle spalle un lungo percorso di esami basati sulla critica letteraria - al termine dei quali, non di rado ha perso buona parte del suo iniziale interesse per la lettura e non sarà certo una sfilarata di recienzioni fatte male a farglielo tornare.
Quanto al messaggio dell'autore, la questione è ancora più delicata. Infatti, se il messaggio è così evidente da risultare chiaro anche ad un lettore alle prime armi, allora, semplicemente, il libro è scritto male. Se invece il libro è scritto bene il "messaggio" si insinua garbatamente sotto la pelle di chi legge e da lì inizia la sua lenta opera di conquista senza che il lettore ne sia consapevole, almeno all'inizio - per tacere del fatto che non sempre l'autore ha consapevolmente un messaggio da predicare, che a volte il suo atteggiamento verso questi "messaggi" è decisamente conflittuale e che ci sono libri che hanno trasmesso, anche a distanza di secoli, messaggi che avrebbero invero assai sorpreso il loro autore, a volte anche dolorosamente.

Una cura a base di recienzioni mensili probabilmente non distruggerà un affetto per la lettura solido, ben radicato e saggiamente alimentato da una famiglia partecipe; ma là dove questo affetto è inesistente, oppure gracile e timido, a malapena sbocciato tra le difficoltà e le traversine**, non c'è dubbio che sia destinato a precoce sfioritura o a temporanea ibernazione. Forse l'alunno oggetto di cotal trattamento non leggerà mai più, forse passeranno anni prima che acconsenta a dare almeno una scorsa al Codice Da Vinci, oppure entrerà nelle file non tanto ridotte di quelli che dicono "Mi piace molto leggere ma purtroppo ho cominciato tardi, dopo i trent'anni, perché la scuola mi ha fatto odiare la lettura". Ed è davvero improbabile che la qualità della produzione scritta dei nostri amati alunni migliori vertiginosamente grazie alla "Lettura Di Un Libro Al Mese Con Relativa Recienzione".

Dunque l'insegnante di Lettere deve rinunciare a promuovere l'amore per le buone letture?
Beh, sì: piuttosto che far danni sarebbe certo molto meglio.
Tuttavia può anche cautamente tentare un approccio meno drastico: suggerire libri en passant, chiacchierando del più e del meno; approvare le letture che gli alunni stanno facendo (è sempre un buon segno, quando ti parlano dei libri che leggono di loro spontanea volontà, o magari dietro un cauto incoraggiamento), anche se non lo entusiasmano - perché ognuno ci ha i suoi gusti; concordare un'uscita alla biblioteca comunale più vicina, o magari a qualche grossa libreria nei dintorni; soprattutto, offrire vaste scelte di letture nelle ore di lezione - quest'ultima cosa in effetti è parte integrante delle sue mansioni e non c'è Indicazione Ministeriale degli ultimi decenni che non lo ricordi più volte. Insomma può provare onestamente a fornire i suoi alunni di un po' di coordinate che gli permettano di procurarsi un libro, qualora ne avvertano effettivamente il desiderio.
Se il terreno non è troppo ostile si possono poi tentare anche vie meno subliminali, come ad esempio partecipare a qualche premio letterario dove è previsto che gli alunni leggano libri forniti aggratis o a poco prezzo dagli editori per poi darne valutazioni (le schede di questi premi sono di solito stilate con molto più criterio di quelle delle recienzioni), organizzare mostre del libro con la collaborazione di qualche libraio compiacente, avviare tornei di lettura e via dicendo. Sempre però tenendo a mente alcuni criteri base (qui di seguito, dopo le note):

*Qualcuno ricorda l'immortale saga di Charlie Brown e la relazione di Natale sui Viaggi di Gulliver?
**Sì, proprio quelle dei binari: al primo treno che passa il fiore finisce malamente stroncato. E magari era il suo primo giorno di vita, povera creatura.



diritti dei quali si potrebbe talvolta perfino tenere conto nelle ore di lezione, qualora le circostanze lo rendano opportuno (fermo restando che nelle ore di Lettere un po' di contatto con la prosa scritta e pubblicata è comunque prevista dalle indicazioni ministeriali, e con validi motivi).

venerdì 23 agosto 2013

Adolescenti. Una storia naturale - David Bainbridge

Grazie alle colleghe di matematica ogni tanto arriva sul mio comodino anche qualche libro che non parla di draghi né di fantasmi. Questo, in particolare, mi è tanto piaciuto che me lo sono pure comprato e riletto.

Il libro è stato pubblicato nel 2009 e tradotto in Italia per Einaudi nel 2010. La deliziosa copertina è la stessa dell'edizione inglese. L'autore è un professore di anatomia veterinaria di Cambridge che ha al suo attivo diverse pubblicazioni divulgative di biologia.

Non è un libro per insegnanti o genitori, scritto per alleviare loro il tormento di avere a che fare con la categoria di esseri umani cui il libro è intitolato,  insegnandogli a relazionarcisi. Non è nemmeno uno dei tanti saggi di tuttologia scritti per  deprecare la superficialità e la fragilità della categoria di cui sopra, ormai lontana dai Sani Valori di Un Tempo e in balia dei Falsi Miti Contemporanei (perché, come ricorda l'autore nell'introduzione "da adolescenti si ha la sensazione di essere circondati da un numero impressionante di esperti. Tutti vogliono darti consigli su ciò che devi e non devi fare, di come farlo e con chi"). E' un bel libro di scienza divulgativa, che analizza l'attuale stato dell'arte degli studi sull'adolescenza con spirito aperto, perché "l'adolescenza può essere un periodo meraviglioso e prezioso. Essere giovani è un dono, non un calvario".

Si tende a vedere l'adolescenza come un penoso periodo di transizione tra una felice condizione infantile e una serena condizione adulta. I recenti studi sullo sviluppo del cervello porterebbero però a valutarla in un'ottica molto diversa: il periodo della trasformazione adolescenziale (in pratica: la comparsa di giovani adulti ancora immaturi che tali restano per qualche anno, ovvero i teenager cui è intitolato il libro) è infatti una caratteristica specifica della specie umana, e sembra essere arrivato in tempi assai recenti, più o meno quando l'Homo erectus diventò sapiens, e poco prima dell'ultimo aumento delle dimensioni del nostro cervello (tra 300.000 e 800.000 anni fa, praticamente il mese scorso).

E proprio nell'adolescenza il cervello procede ad una vera e propria ristrutturazione che gli permette un'organizzazione nuova: vengono attivate aree rimaste relativamente tranquille fino a quel momento, vengono create nuove sinapsi, altre vengono abbandonate, cambiano i collegamenti interni - insomma il cervello degli adolescenti funziona in maniera diversa dall'infanzia, e subirà un'ulteriore cambiamento (...e una riduzione di volume) al momento del passaggio nell'età adulta. Perché il teenager funziona a modo suo, ed è un modo difficile da capire e ricordare per chi, adulto, si è lasciato alle spalle  questa fase e ha ormai un cervello "diverso" che lo porta a riorganizzare il passato nella sua memoria in modo diverso da quanto effettivamente avvenuto. Inoltre questa riorganizzazione non avviene in modo omogeneo e simmetrico, ma procede in modo piuttosto, come dire, caotico - il che spiega una certa difficoltà da parte degli adulti nel capire e farsi capire da questa affascinante e talvolta esasperante rama dell'umanità.
In questo laboratorio a cranio coperto l'adolescente comincia a pensare sé stesso pensante e scopre di esistere. La trasformazione si porta dietro una vasta serie di nuove scoperte e curiosità, e oltre a pensare sé stesso pensante e a cambiare il modo di relazionarsi con gli altri esseri umani e con l'ambiente circostante, l'adolescente comincia a indagare e sperimentare, con una curiosità insaziabile unita allo sprezzo del pericolo tipica dell'età (e che talvolta conduce, ahimé, a conseguenze drammatiche); e sembra che sia proprio questa fase così ricca che ha permesso alla nostra specie di fare "il grande salto in avanti".

La materia trattata è complessa, soprattutto per il letterato di turno che a malapena sa che abbiamo un cervello dentro la scatola cranica e che in qualche modo siamo imparentati con le scimmie (sì, io); il libro però è chiaro, abbastanza scorrevole, molto interessante, e ha sempre cura di ricordare di come la maggior parte delle conclusioni alle quali la scienza è faticosamente addivenuta al momento attuale sono soprattutto strade aperte a nuove domande (perché gli scienziati sono quella curiosa branca dell'umanità che adora sì le risposte, ma soprattutto perché innescano nuove domande che grazie a future risposte potranno dare il via a ulteriori domande eccetera eccetera). Molte problematiche associabili agli adolescenti (rapporto con le droghe, insorgere della malattia mentale, aggressività, gravidanze precoci, malattie sessualmente trasmissibili) vengono esaminate dal punto di vista strettamente biologico permettendo una visuale meno moralistica e più razionale di quanto avviene di solito.


Consigliato a chiunque abbia a che fare con gli adolescenti (per esempio: gli adolescenti) e a chiunque sia curioso (per esempio: gli adolescenti).

Con questo post partecipo al Venerdì del Libro di Homemademamma e auguro buona fine di vacanze o felice ritorno dalle medesime a chiunque passi di qua.

lunedì 19 agosto 2013

Manuale del Perfetto Insegnante - Il Bravo Studente


Illan Rachov The Lamb of God in the Heavens.
Da uno dei soffitti della sede dell'ambasciata vaticana in Bulgaria, l'Agnello di Dio che Toglie i Peccati dal Mondo guarda con affetto e benevolenza la sventurata umanità. Con la stessa benevolenza e compassione, se non proprio con affetto, ci auguriamo che i nostri illuminati allievi guardino a noi scialbi e inadeguati docenti, aiutandoci nel nostro cammino esistenziale.


Il Perfetto Insegnante (onde continuare ad essere perfetto, o almeno abbastanza valido) deve tenersi sempre aggiornato, non solo per quanto riguarda la sua disciplina, ma anche sulle indicazioni che il Ministero dell'Istruzione (un tempo Pubblica) gli impartisce con una certa frequenza.

A volte, insieme alle indicazioni, il Ministero lo lusinga anche con liete prospettive. E' il caso delle recenti Indicazioni Ministeriali, pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale n. 30 del 5 Febbraio 2013, dove vengono descritte in forma  essenziale le competenze che un ragazzo deve dimostrare di possedere una volta conclusa la scuola media. Più avanti questo quadro viene definito, un po' più blandamente, l'obbiettivo generale del sistema educativo e formativo italiano, forse per non deprimere eccessivamente chi in questo sistema educativo e formativo si ritrova per avventura a lavorare davanti alla prospettiva di una richiesta del tutto superiore alle sue deboli forze. Tuttavia quest'ultima attenuazione è una precauzione forse eccessiva, in quanto è chiaro che l'alunno rispondente a cotal quadro certo non lo sarà per merito dei suoi insegnanti, bensì per sua intrinseca perfezione. Del resto, è ormai arrivata l'Età dell'Acquario e una nuova umanità sta prendendo forma. I quattordicenni qui descritti sono senza dubbio le prime avanguardie di questa felice evoluzione della nostra specie, che sta a noi comuni mortali nello stesso rapporto con cui le monete d'oro zecchino stanno a quelle di latta.

Cosa viene richiesto dunque a questo meraviglioso Ragazzo Ideale?
Una parte degli obbiettivi, soprattutto scolastici, sono tutto sommato accessibili:  con impegno e collaborazione reciproche e buone strutture e attrezzature è senz'altro possibile venirne a capo, almeno in una buona parte dei casi.
Infatti all'alunno, che ormai è in grado di iniziare ad affrontare in autonomia e con responsabilità, le situazioni di vita tipiche della propria età e si impegna a portare a compimento il lavoro iniziato da solo o insieme ad altri rispettando le regole condivise è richiesta una padronanza della lingua italiana tale da consentirgli di comprendere enunciati e testi di una certa complessità, di esprimere le proprie idee nonché di adottare un registro linguistico appropriato alle diverse situazioni. Nell'incontro con persone di diversa nazionalità è in grado di esprimersi a livello elementare in lingua inglese e di affrontare una comunicazione essenziale, in semplici situazioni di vita quotidiana, in una seconda lingua europea. Utilizza la lingua inglese nell'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione. Si orienta nello spazio e nel tempo. Ha buone competenze digitali. Possiede un patrimonio di conoscenze e nozioni di base ed è allo stesso tempo capace di ricercare e procurarsi velocemente nuove informazioni ed impegnarsi in nuovi apprendimenti anche in modo autonomo. Ha cura e rispetto di sé. Ha attenzioni per le funzioni pubbliche alle quali partecipa nelle diverse forme in cui questo può avvenire: momenti educativi informali e non formali, esposizione pubblica del proprio lavoro, occasioni rituali nelle comunità che frequenta, azioni di solidarietà, manifestazioni sportive non agonistiche, volontariato, ecc. Si assume le sue responsabilità. Dimostra originalità e spirito di iniziativa. In relazione alle proprie potenzialità e al proprio talento si impegna in campi espressivi, motori ed artistici che gli sono congeniali.  
Un bravo ragazzo abbastanza educato e istrutto, dunque, che sa arrangiarsi q.b. nella vita di tutti i giorni ed è capace di coltivarsi qualche interesse in autonomia, inserito nel suo contesto sociale e disponibile a mettersi un po' in gioco e all'occorrenza a dare una mano per quel che serve intorno a lui.

Per raggiungere questi obbiettivi la scuola italiana può e deve migliorarsi onde fornire un servizio sempre più efficiente, e agli insegnanti, com'è giusto, è chiesto di migliorare contenuti e qualità delle lezioni ed affinare le loro tecniche.
Ma insomma siamo tra esseri umani, lavoriamo con gli esseri umani e impegnandoci al meglio delle nostre capacità e possibilità possiamo senz'altro collaborare con i nostri allievi per lavorare in questa direzione. Di fatto, già lo facciamo e molti dei quattordicenni che ci girano intorno rispondono a questa descrizione, un po' anche per merito degli insegnanti che, sì come prevede il loro contratto di lavoro, gli hanno insegnato un italiano corretto, un po' di inglese etc.

Tuttavia, questi obbiettivi concreti, sensati e raggiungibili anche se non proprio scodellati su un vassoio d'argento, sono abilmente infrattati in un quadro che, oggettivamente, richiede ben altre capacità agli alunni, che soltanto attingendo alle risorse di una natura evoluta possono sperare di conseguire almeno una parte di quanto richiesto, e che, qualora riuscissero ad arrivarci, dovranno   attribuire solo e soltanto a sé stessi medesimi il merito di cotal riuscita, in quanto avranno dovuto attingere a risorse e aiuti ben superiori a quelli che un povero e modesto insegnante, ancorato suo malgrado ma in modo irreversibile alle molte miserie del mondo, può tentare di dare. Anzi, laddove gli allievi raggiungano siffatti obbiettivi saranno gli insegnanti stessi a doverli ringraziare con fervore per il grande aiuto che questi ragazzi gli avranno dato sfiorandoli con la loro luminosa perfezione.

Infatti, al termine del primo ciclo, lo studente, secondo il quadro prospettato nelle Indicazioni,  affrontain autonomia le situazioni di vita tipiche della propria età, ma lo fa esprimendo la propria personalità in tutte le sue dimensioni, avendone raggiunto un'adeguata consapevolezza (con grande e comprensibile ammirazione non disgiunta da profonda invidia da parte non solo degli insegnanti, ma di tutti gli adulti che malamente si barcamenano per conoscere la propria, di personalità, avendone per lo più una visione assai ingannevole e ingannata, com'è tipico dei comuni mortali). E davvero il ragazzo deve conoscere bene la sua natura e la sua anima, perché ha consapevolezza delle proprie potenzialità e dei propri limiti, utilizza gli strumenti di conoscenza per comprendere sé stesso e gli altri, per riconoscere e apprezzare le diverse identità, le tradizioni culturali e religiose, in un'ottica di dialogo e rispetto reciproco. Per di più chiede aiuto quando si trova in difficoltà e, ancor più mirabile prodigio, sa fornire aiuto a chi lo chiede
Naturalmente questa creatura consapevole, sensibile in sommo grado, altruista e tollerante, è anche un ottimo cittadino, che assimila il senso e la necessità del rispetto della convivenza civile 
Oltre a conoscere sé stesso e gli altri (con i quali altri si mostra assai rispettoso e tollerante, e il cielo sa che questo se lo deve imparare in proprio, perché di sicuro non sarà l'attuale umanità vivente ad insegnarglielo), questo meraviglioso ragazzo-mutante è anche capace di interpretare i sistemi simbolici e culturali della società. Inoltre le sue conoscenze matematiche e scientifico-tecnologiche gli consentono di analizzare dati e fatti della realtà e di verificare l'attendibilità delle analisi quantitative e stilistiche proposte da altri. Questa è una vera fortuna per gli insegnanti tutti, che finalmente potranno smettere di preoccuparsi non solo dell'attendibilità dei dati forniti dai libri di testo (tanto, ci penseranno gli alunni a individuare quelli che sono attendibii, separandoli da quelli che non lo sono) ma anzi impareranno finalmente a districarsi anche nella vita di tutti i giorni nell'ingannevole giungla di dati spesso manipolatorii con cui i mass media bombardano regolarmente tutti noi. Per l'Italia si apre finalmente una nuova era, e finalmente la smetteranno di cercare (con successo) di farci credere che Giulio Cesare è morto per il gran sonno.
Di conseguenza il possesso di un pensiero razionale di cui l'alunno è evidentemente dotato d'ufficio (e beato lui!) consente a questa schiera di nobili creature che presto allieteranno la terra di affrontare problemi e situazioni sulla base di elementi certi e di avere consapevolezza dei limiti delle affermazioni che riguardano questioni complesse che non si prestano a spiegazioni univoche. Fortunata creatura, in possesso di cotal bussola che gli permette di navigare nel nostro ingannevole mondo sventandone insidie e intrighi! Inoltre il meraviglioso individuo ivi descritto (che si spera acconsenta magnanimamente a soccorrere il suo assai sprovveduto corpo docente e lo aiuti  con spirito di carità nella via della conoscenza e della comprensione) osserva e interpreta ambienti, fatti, fenomeni e produzioni artistiche, oltre ad usare con consapevolezza le tecnologie della comunicazione per distinguere informazioni attendibili da quelle che necessitano di approfondimento, di controllo e di verifica e per interagire con soggetti diversi nel mondo.
Non più notizie e dati approssimativi o addirittura falsi! Basta con i complotti demoplutogiudaicomassonici per conquistare la terra, basta con i protocolli di Savi di Sion, non più leggende metropolitane o allarmi abilmente diffusi, niente più avvenimenti distorti dalla propaganda e dalla malafede: le nuove generazioni faranno finalmente piazza pulita di tutto il ciarpame di falsità e menzogne che ci circonda e decideranno e agiranno solo sulla base di quanto il loro pensiero razionale ha elaborato partendo da dati oggettivi e inoppugnabili, in barba a tutti gli sforzi per deviarli e ingannarli. Ai loro occhi limpidi e luminosi la Verità si rivelerà in tutta la sua nuda precisione.

Inutile farli continuare a studiare (tanto han già dimostrato abbondantemente di essere capacissimi di studiare da soli, senza l'aiuto dei loro docenti, che certo non avrebbero mai potuto insegnargli quel che loro stessi non sapevano): appena usciti dall'esame delle medie le agenzie di informazione di tutto il mondo faranno a botte per assicurarsi la prima mandata di queste nuove leve, con grande disperazione dei politici tutti. I più pazienti e meritevoli tra questi quattordicenni mutanti, invece, gestiranno corsi serali per adulti, cercando di trasmettergli almeno un po' delle loro eccelse capacità.

I primi drappelli di questa nuova umanità dovrebbero arrivare già a Gugno dell'anno prossimo. C'è ancora un po' da aspettare, ma senza dubbio ne vale la pena e anzi l'attesa accrescerà il piacere.
Con il loro arrivo, certo, gli insegnanti dovranno cercarsi un altro lavoro, essendo il loro divenuto del tutto superfluo. Ma tanto in Italia c'è molta campagna da ripopolare.

sabato 17 agosto 2013

17 Agosto 2013 - Giornata della valorizzazione del Gatto Nero


NON CHE io, il gatto nero, non lo apprezzi e valorizzi anche tutti gli altri giorni dell'anno, e pure tutte le notti.
E, dal momento che, come ho appena scoperto grazie a Facebook, esiste una specifica giornata a ciò dedicata...
Tanti auguri e grandissima stima e apprezzamento a tutti i gatti neri!
(con un doveroso omaggio anche a tutti gli altri gatti, si capisce).

martedì 13 agosto 2013

Di ministri, di scimmie, di banane e infine di bibliotecari

Com'è noto, il razzismo può risultare pericoloso anche per chi lo pratica...

In Aprile, dopo lunghi patimenti e inenarrabili mal di denti, venne infine formato un governo di larghe intese, come già narrato a suo tempo. In questo governo, tuttora in carica, è stata arruolata anche Kashetu Kyenge (detta Cécile) in qualità di ministro dell'integrazione. La signora in questione è nata in Congo ma è cittadina italiana da vent'anni avendo sposato un italiano, e da diversi anni si occupa di diritti dei migranti. Il fatto che avesse la pelle nera contribuiva a dare un tocco, come dire, di colore ad un governo destinato ad una vita piuttosto travagliata, ma onestamente mi era sembrato abbastanza secondario - una nota in più al variegato panorama di ministri che abbiamo avuto in quasi sessant'anni di repubblica. Si è rivelato invece piuttosto importante, e ha dato la stura ad una serie di commenti quanto meno irriguardosi da parte di molte persone che da questo dettaglio sono rimasti letteralmente sconvolti.

All'inizio dell'estate l'ex ministro Calderoli, a tutt'oggi vicepresidente del Senato, in un discorso alla festa del suo partito osservò «Quando vedo le immagini della Kyenge non posso non pensare alle sembianze di un orango». Non era la prima dichiarazione un po' surreale ispirata dal ministro in questione (e del resto Calderoli non è nuovo a sortite abbastanza surreali) ma smosse parecchio l'opinione pubblica e sortì richiami financo nelle più alte sfere delle istituzioni. Calderoli finì per fare scuse pubbliche e professare gran pentimento, ma il suo filone di pensiero venne validamente integrato e incrementato dai suoi compagni di partito con una serie di commenti e comportamenti sempre più surreali che hanno incluso, tra l'altro, il lancio di banane sul palco dove il ministro parlava (bollato dalla Kyenge come "un deplorevole spreco di buon cibo") e l'auspicio di veder rinchiusa il ministro in questione in qualche luogo isolato con... vabbe', sorvoliamo, è tardi e devo ancora pranzare.


Ora, non c'è dubbio che chiunque guardi il ministro Kyenge (o qualsivoglia altro essere vivente o manufatto o entità) possa pensare a quel che cavolo gli pare: a una barca a vela, a un paesaggio dei tropici al tramonto, a un gatto certosino, a una formica del miele o a un ornitorinco, nonché ad un orango - quel che vuole, insomma: pensare non è un reato. Tuttavia se Calderoli l'avesse paragonata a una barca a vela, è assai probabile che le polemiche sarebbero state ben contenute, e probabilmente limitate solo allo stato di salute mentale del vicepresidente del Senato in questione, o alla stranezza delle libere associazioni del pensiero. Il paragone con l'orango invece ha fatto scorrere fiumi di inchiostro, di indignazione, di dichiarazioni più o meno sensate con relative discussioni filosofiche al seguito - e questo perché dietro agli oranghi improvvisamente evocati dal senatore Calderoli si intravede una vera folla di fantasmi, uno più sgradevole dell'altro: le adunate biancovestite del Ku-Klux-Klan con le torce accese per dare fuoco alle case dei neri, le navi negriere che solcavano gli oceani, neri sorvegliati con frusta e cani feroci mentre raccolgono il cotone per i loro padroni, neri segregati in appositi quartieri, neri maltratttati, oppressi, umiliati e soprattutto sfruttati fino all'osso. E, sullo sfondo, il fantasma più inquietante di tutti: torme di scienziati, antropologi, teologi, politici, filosofi e studiosi vari che spiegano nei dettagli perché i neri sono una razza inferiore.


Perché lo sono, è cosa nota. Non è colpa loro, poverelli: non sono necessariamente cattivi, anzi, molti sono fanciullescamente innocenti, eterni bambini prontissimi a sottomettersi all'amorevole e accorta guida di un bianco, che grazie al loro istinto non turbato dai falsi messaggi della civiltà riconoscono come assai superiore a loro (anche se inquinato dai falsi messaggi e privo della fiduciosa innocenza bla bla di cui sopra). Sveglia al collo, ossicino tra i capelli, un bel sorriso amichevole con denti bianchissimi che lampeggiano su fondo scuro ed ecco il buon selvaggio, eterno bambino in cerca di... ebbene sì, di un padrone. Che nella sua benevolenza gli metta un bel collare con guinzaglio.

Ma possono essere anche cattivi, tanto tanto cattivi, ancorati ad un fondo animale che non gli ha mai permesso di fare il salto di qualità che han fatto i bianchi: vivono in balia dei loro perfidi istinti che non riescono mai a disciplinare, a stretto contatto con le forze infernali. Prepotenza, violenza, malvagità allo stato puro e lussuria sfrenata (favorita da membri virili di dimensioni XXL). Occhi iniettati di sangue, ruggiti inarticolati, furia incontenibile. Ti sbraneranno a mani nude, col solo aiuto dei loro denti, e l'unico modo per salvarsi e salvarli dai loro indomabili istinti malvagi sono la frusta, e il cane feroce a sorvegliarli. E' nostro dovere sorvegliarli e domarli perché noi bianchi siamo uomini, e a noi è stata affidata la custodia del creato - e tutte le bestie sono a noi sottomesse per volontà divina.

Che siano buoni o cattivi, comunque, per i negri l'evoluzione si è fermata un (bel) po' prima che per i bianchi. Sono rimasti un po' scimmie, come si evince dai loro lineamenti scimmieschi. Non proprio uomini, perché non hanno completato il passaggio. Scimmie, appunto. Dove la scimmia è vista non tanto come rispettabile scimmia, quanto come "uomo incompleto" (e lì i bianchi si salvano solo perché nessuna specie scimmiesca ha inventato gli avvocati e il reato di danno all'immagine).


Noi bianchi invece... eccoci qui, indubbiamente più belli, più intelligenti, più evoluti e più virtuosi, anche se forse un po' meno innocenti di loro - ma certamente assai meno feroci, e incomparabilmente superiori. Dio ci aveva dato il diritto di disporre di loro a nostro piacimento. La loro forza e la loro innata sottomissione ci tornavano utili, perché di fatto, con collare o con frusta, erano eccellenti macchine da lavoro. E poi potevamo portargli la civiltà, ad esempio insegnandogli l'arte di estrarre l'oro dalle miniere, per poi portarci via l'oro... ma sto divagando.

Ad ogni modo non c'è dubbio che dietro entrambe le teorie - quella del buon selvaggio che andava civilizzato per il suo bene, e quella del cattivo selvaggio che andava civilizzato per il suo bene anche se sembrava un'impresa ai limiti dell'impossibile, c'era prima di tutto una grandissima convenienza economica. Scienziati, filosofi, teologi e politici bianchi avevano senza dubbio tutto l'interesse ad appoggiare questa corrente di pensiero, e infatti la appoggiarono.
Dall'Africa arrivarono uomini, ovvero un'infinità di forza-lavoro a basso prezzo e un sacco di materie prime pagate pochissimo. In cambio noi bianchi portavamo la civiltà ai negri, del che Dio ci avrebbe certamente reso merito.

Tutto ciò riguarderebbe solo in piccola parte gli italiani se non fosse che, all'ultimo momento utile, nel secolo scorso Mussolini non avesse deciso di portare la civiltà e il progresso in uno dei pochi angoletti d'Africa che fino a quel momento se l'era scampata (anche perché di civiltà intesa alla maniera europea non era nemmeno del tutto privo).  E ci riuscì, con enorme dispendio di soldi e di energie, per tacere delle vite umane e dei danni all'ambiente. L'intera operazione, risultata fallimentare sotto tutti gli aspetti, ebbe anche il vantaggio extra di contribuire all'approvazione delle leggi razziali e di fornire la nostra bella lingua di tutta una serie di simpatiche espressioni dedicate ai graziosi animaletti che abitavano la nostra bella, costosa e del tutto inutile colonia. 


Per molti bianchi ricordare i tempi in cui i buoni selvaggi avevano la sveglia al collo e i cattivi selvaggi violentavano le donne bianche senza un perché appena scioglievi la catena è causa di profondi sensi di colpa e vergogna indicibile. Per molti altri bianchi gli stessi ricordi sono causa di profondo e struggente rimpianto (tutta quella forza-lavoro e quella buona merce a buon prezzo...) e di sorda collera (ma come si son permessi di emanciparsi, queste carogne? E pretendono perfino di venire da noi e fare i ministri, manco fossero esseri umani a tutti gli effetti. Inconcepibile!). 

L'atteggiamento che dovrebbe venirci spontaneo, ovvero una serena indifferenza alla questione - è ancora piuttosto raro: rancore e senso di colpa sono duri a sciogliersi, peggio dei nodi del cuore. E dunque davanti alla (stupida) dichiarazione del senatore Calderoli gli italiani hanno squittito e schioccato le code e vibrato di indignazione e solidarizzato a gran voce con il ministro Kyenge, oppure hanno riso e rincarato la dose e infiorato vieppiù il paragone ministerial-scimmiesco.
Le reazioni di gran lunga più equilibrate le abbiamo avute dal ministro Kyenge (mancando costei, comprensibilmente, di un particolare retroterra legato ai sensi di colpa verso i neri o al rimpianto di non poterli più sfruttare) e dagli orango, che si sono ben guardati dall'intervenire nella questione dimostrando con ciò che, evoluti o meno, madre natura gli ha elargito gran copia di buon senso.

E i bibliotecari? Per un lettore di Pratchett i bibliotecari c'entrano, eccome. 

Infatti nel Mondo Disco il bibliotecario dell'Università Magica di Ankh-Morpork si ritrova, nel corso del romanzo  La luce fantastica a subire un'evoluzione, diciamo così, rovesciata ma assai conveniente, quando l'effetto collaterale di un incantesimo molto potente lo trasforma da essere umano in orango. Molto contento di disporre di un paio di mani prensili supplementari e di arrampicarsi assai più agevolmente tra gli scaffali, costui si guarda bene dal cercare di tornare umano e trascorre con palese soddisfazione i suoi giorni da orango continuando con successo il suo lavoro, mangiando banane e partecipando con profitto a vari altri romanzi del ciclo. La sua conversazione, per quanto un po' limitata, risulta tuttavia del tutto comprensibile ad ascoltatori attenti. E' probabile che il suo commento su questa insolita (si spera, ma senza troppa fiducia) vicenda della politica italiana sarebbe stato "Eeek!".
E come non essere d'accordo con lui?

*quale probabilmente il senatore Calderoli non è

venerdì 9 agosto 2013

Kerstin Gier - Blue Red Green (la trilogia delle gemme)






















L'autrice è tedesca e i libri sono usciti tra il 2010 e il 2011 arrivando in Italia poco tempo dopo. Rientrano nel filone della letteratura per Giovani Adulti. Si tratta di letteratura fantastica, ma non mi attento a cercare di capire se fantasy, fantascienza, fantastoria o cos'altro. E' stato già recensito come minimo due volte per i Venerdì del Libro ma ho trovato un solo link, e ciò mi ha molto frustrata. Se qualcuno che passa da qui si ricorda di averlo recensito, mi avvisi e provvederò.

La Trilogia delle gemme è una cosiddetta trilogia editoriale, nel senso che i tre volumi sono in realtà un unico romanzo, ambientato nella Londra contemporanea, con l'azione concentrata in una ventina di giorni e di una lunghezza complessiva equivalente all'incirca all'Ordine della Fenice ma che l'editore ha preferito pubblicare in tre volumi, stampati con un bel font largo e con ampio sfoggio di pagine bianche (l'editore tedesco, intendo. Gli editori degli altri paesi si sono adattati). Per questo motivo il mio personale consiglio è procurarsi tutti e tre i libri prima di avviare la lettura, perché la storia scorre via molto velocemente e si finisce senza problemi in un fine settimana o in un raffreddore, oppure con tre-quattro serate lunghe.


La protagonista della storia è Gwendolyn, una ragazza all'apparenza normale in tutto e per tutto salvo il piccolo particolare che vede (e conversa con) fantasmi che nessun altro intorno a lei percepisce. Conduce una normale e dignitosa vita scolastica e sociale e fa parte del settore "normale" di 
una famiglia con ascendenze aristocratiche dove ogni tanto nasce qualche viaggiatore nel tempo. Da secoli ormai i viaggi nel tempo sono gestiti da una Potente Associazione Segreta che custodisce un Grande Segreto Molto Importante Per l'Umanità. Molto segreto, naturalmente.
L'Associazione, che tutti in famiglia prendono terribilmente sul serio, ha sempre costituito un elemento accessorio nella vita della ragazza fino al giorno in cui scopre con estremo stupore che la viaggiatrice nel tempo della sua generazione è lei e non  la sua cugina, a questo scopo allevata e addestrata sin dalla più tenera infanzia, e che l'Associazione ha un'infinità di progetti a lei strettamente collegati ma di cui nessuno è disposto a spiegarle alcunché.
In effetti il tema conduttore della trilogia è la deplorevole tendenza degli adulti di cercare di fregare le nuove generazioni raccontandogli un sacco di balle accompagnate dal vecchio adagio "fidati di noi che sappiamo quel che va saputo e conosciamo quel che è meglio per te".
L'indottrinamento ha funzionato molto bene con i due Prescelti, Gideon e Charlotte, allevati come Prescelti, cresciuti come Prescelti e condizionati come solo un Bravo Prescelto può essere. L'arrivo di Gwendolyn, cresciuta nel mondo normale e che non ha subito quel progressivo lavaggio del cervello, spezza improvvisamente il cerchio incantato: le risposte che fino a quel momento sono sempre bastate, improvvisamente mostrano dei vuoti logici, le nuove risposte che gli adulti, messi alle strette, sono costretti a tentare, funzionano peggio che mai. Quando poi le risposte vengono del tutto a mancare, Gwen comincia a cercare di riempire i vuoti, con l'aiuto dell'amica del cuore Leslie, che pur non disponendo di una sola briciola di poteri paranormali ha un cervello aperto, flessibile e ben funzionante, oltre a una discreta  capacità nel destreggiarsi con i motori di ricerca. Gideon, che inizialmente è immerso fino al collo nel suo ruolo di primo della classe, dopo qualche incidente comincia a sentir serpeggiare una punta di diffidenza nel suo fiducioso cuoricino e, dopo ben più di un'iniziale resistenza imbevuta di pregiudizi finisce per abbracciare il punto di vista di Gwendolyn (nonché la stessa Gwendolyn, che apprezza  molto). Nonostante la situazione si presenti decisamente confusa, i due innamorati verranno a capo dell'Importantissimo Segreto e dei vari enigmi legati all'Associazione, e agiranno nel modo più opportuno.

Il romanzo travestito da trilogia ha dei pregi e dei difetti. Tra i pregi possiamo senz'altro annoverare un gruppo di personaggi simpatici (di solito più sono giovani e più sono simpatici, ma ci sono anche alcune eccezioni da una parte come dall'altra, ad esempio un impertinente fantasma di demone plurisecolare) tra i quali spicca Leslie, l'amica del cuore, che gioca un ruolo non indifferente nella trama e si mostra molto più capace della protagonista di tirare i vari fili della storia. Il rapporto tra le due, e in particolare i dialoghi decisamente brillanti, risulta molto più autentico di quanto accada di solito e con un bello spessore: le due ragazze parlano in modo frivolo ma non superficiale e, come direbbe Jane Austen, giudicano rettamente in merito alle questioni essenziali. 
Leslie è molto importante proprio perché costituisce un osservatore "esterno" rispetto alla vicenda, senza essere deviata da altri sentimenti oltre all'affetto per Gwendolyn. Sotto questo aspetto Gideon è molto meno affidabile perché combattuto tra lealtà, amore, senso del dovere, condizionamenti vari, pregiudizi e un'infinità di altri fattori che per molto tempo gli rendono praticamente impossibile capire da che parte deve o può stare.
L'ambiente scolastico è descritto con una certa accuratezza e le meccaniche (perverse) di famiglia sono piuttosto ben delineate. Anche i molti vestiti necessari per i viaggi nel tempo programmati fanno bene la loro parte e riempiono a dovere le pagine, con tanto di commenti assai condivisibili sui loro pregi e difetti.

I difetti sono principalmente due, e partirò dal più leggero. Sarebbe vano negare che la vicenda risulta un po' confusa: molti personaggi passano il loro tempo a spiegare a Gwendolyn che lei non ha diritto a sapere questo e quest'altro, e questo fa parte della trama, però una sforbiciatina a questi dialoghi, soprattutto nei punti dove avvengono effettivamente delle rivelazioni, aiuterebbe parecchio il lettore a capire di cosa si sta parlando. Alla fine il quadro risulta un po' approssimativo, e ci sono anche diverse domande rimaste senza risposta, e alcune fanno parte della categoria "Perché i Veghiani si ostinano ad attaccare con un mostro per volta invece di mandarne una quindicina e sconfiggere Goldrake"? Sappiamo tutti che i Veghiani, come l'autrice, si comportano così perché altrimenti la storia finirebbe troppo presto o non andrebbe avanti, ma... il meccanismo non dovrebbe essere così scoperto.
Il secondo punto è più serio, e riguarda la questione dei viaggi nel tempo. L'argomento viene trattato in modo troppo approssimativo e superficiale. Ormai da molti anni nei romanzi la gente viaggia nel tempo, e sono andati stabilendosi alcuni principi cardine da cui è importante che i ragazzi non si lascino deviare (ad esempio la regola che impone a chi viaggia nel tempo di non alterare il passato, pena conseguenze disastrose sul presente che il viaggiatore sta vivendo, quando non sul presente dell'intera umanità). Il passato non è un campo di cocomeri dove le nuove generazioni possano scorazzare a loro piacimento, salvando innocenti e punendo malvagi; del passato occorre avere rispetto e ad esso ci si deve accostare con giusto timore. Libri di questo tipo, pur essendo certamente concepiti come pura narrativa di evasone, rischiano di dare alle nuove generazioni delle idee del tutto sbagliate su cosa sia giusto e cosa sia sbagliato fare mentre si viaggia nel tempo, e questo può portare a gravi conseguenze quando questi giovani lettori si troveranno alle prese con i loro primi sbalzi temporali. A questo proposito sarebbe forse opportuno  istituire un'apposita cabina di regia da cui la letteratura sui salti nel tempo possa essere accuratamente controllata prima di andare in stampa, onde evitare incresciosi inconvenienti che intervengono sempre, laddove la licenza non è temperata dalla giusta fermezza.

Con questo post partecipo qui e adesso ai Venerdì del Libro di Homemademamma, e auguro a tutti vacanze adeguatamente allungate da opportune distorsioni temporali, che lascino il tempo anche per lunghe e piacevoli letture.

giovedì 8 agosto 2013

I miei insegnanti - La prof. Simona Legree

Uno studente supplica invano la prof. Legree per avere una piccola dilazione per i compiti. 
 Sullo sfondo il cotone, che si sforza di essere il più produttivo possibile nella speranza di evitare le sferzate

Per la legge del contrappasso, dopo il prof. Blasio arrivò la prof. Legree. All'epoca costei faceva ancora le supplenze annuali, ma si era già conquistata una certa reputazione. Neanche a farlo apposta, la sua cattedra era a metà con il blasonato liceo scientifico dove andavano le mie amiche, così potemmo rimbalzarci pettegolezzi e voci di corridoio.
Costei era terribile. Una vera negriera. Avrebbe perfino messo alla frusta i semi del cotone, per farli produrre di più. Ed era strettissima di voti.
Beh, diciamo che non regalava niente. E che si era ritrovata con una classe all'ultimo anno che il grande e leggendario prof. Blasio aveva lasciato nelle secche della letteratura del Seicento. Era una fedele adepta della critica marxista, ma comunque qualsiasi scuola critica dà per scontato che  per studiare l'Ottocento e il Novecento ci voglia una certa consapevolezza di quel che era andato maturando nella seconda metà del Settecento, né le accorte lezioni di storia del prof. Ruf   riuscivano a soccorrerci a tal riguardo, quand'anche avessimo tentato di ascoltarle. Ora che ci penso, nelle prime settimane la Legree tentò effettivamente degli agganci introdotti dalla celebre frase "come avete fatto a storia", ma col  tempo perse l'abitudine e si rassegnò a darci un po' di coordinate storiche che ci permettessero di seguire le sue argomentazioni.

Il primo impatto fu drammatico per tutti. Lei, quando scoprì dove eravamo arrivati col programma, sbiancò e mormorò un flebile "Non è possibile" (e ricordo di averla trovata davvero un po' esagerata, pur comprendendo il suo punto di vista: e la miseria, era un programma di Italiano, non una questione di vita o di morte. Saremmo sopravvissuti tutti quanti, giusto?). 
Noi, alla consegna del primo tema, guardammo con orrore quei voti così mirabilmente bassi, e in molti casi addirittura insufficienti e ci domandammo quale sarebbe stata la nostra infelice sorte (anche lì, forte di un qualcosa intorno al sette che era comunque uno dei cinque voti più alti della classe, ricordo di aver trovato un po' eccessivo il gran lamentare che si faceva intorno a me: e la miseria, un periodo di adattamento ci voleva sempre, al cambio di un insegnante, giusto?).
Quell'anno la classe desiderava assai vibrare e tremare ed entrare in ansia: perché a Giugno ci aspettava nientemeno che la Maturità, terribile mostro a sette teste (che nel caso del liceo classico era una tigre di carta, perché passavano tutti) dove tutti noi saremmo stati impallinati senza pietà come quaglie alla riapertura della caccia. Tragedia, tragedia, terribile tragedia! E in qualche modo la nostra ansia veniva probabilmente anche dalla prof. Legree, vuoi che temesse di non essere all'altezza dell'immane compito di darci una preparazione adeguata, vuoi che, pur essendo un'ottima insegnante, tendesse comunque a drammatizzare un po' le cose.

La frusta schioccò sulle nostre teste e tutti noi chinammo il capo e cominciammo a studiare furiosamente. Appunti, appunti e ancora appunti. Tonnellate di appunti riempirono i nostri quaderni. Dopo un mese eravamo tutti esperti Settecentisti e si partì col programma vero e proprio - un programma un po' aggiornato, perché nel nostro arcaico Salinari mancavano diversi autori a quanto pareva imprescindibili - ad esempio Porta, Baudelaire, Verlaine - nonché testi imprescindibili - ad esempio l'introduzione al Didimo Chierico di Foscolo, che in verità non ci sembrò poi così imperdibile, e quella del Ritratto di Dorian Gray di Wilde, che in effetti mi convinse molto di più. E Germinal, che in molti lessero (ma io no, per una volta: perché avevo già preso in mano una volta un romanzo di Zola, e mi ero resa conto che non era pane per i miei denti). Fotocopie, fotocopie e ancora fotocopie, non solo di testi ma anche di saggi critici. Gramsci a colazione, pranzo e cena. Auerbach, Fubini, Spitzer. L'erlebte rede di Verga, col suo coro di parlanti popolari semireale, l'interpretazione figurale di Dante e l'onnipresente intellettuale organico, che invece di suonare l'organetto alle feste di paese o all'angolo di strada aiutava a prendere coscienza di sé la classe sociale che rappresentava. Croce per diritto e per rovescio (no, non il punto da ricamo, bensì il celebre critico e filosofo) e una barcata di altra gente. Arrivammo a Pirandello, un po' stremati, più dieci canti di Dante spiegati in modo davvero mirabile.

Studiammo tutti, con devozione e con accanimento, in qualche caso (per esempio io, ma non solo) anche con una certa passione. Non ho mai preso molto sul serio la critica letteraria, ma con lei per la prima e unica volta ebbi l'impressione  che forse non era solo un'esasperante serie di seghe mentali, ma poteva perfino servire a capire meglio un testo. La scintilla del Grande Amore comunque non scoccò mai, con nessuno, per quel che ne so.
Era all'apparenza piuttosto fredda, in cattedra - dico all'apparenza perché mi sembra che mettesse molta passione nel suo lavoro: in fondo ci fece un bel po' di ore in più aggratis, e una valanga di interrogazioni fuori classe, né si risparmiò mai in alcun modo; ma in classe, quando c'era lei, la temperatura emotiva era decisamente fredda. Era bassa di voti ed esigente e correttissima come la prof. Della Gherardesca, era elegante come lei, come lei non si allargava e non si intrometteva, ma certo con la prof. Legree non si stabilì mai nemmeno un'ombra di quella confidenza o di quella complicità che in un anno di stretta convivenza sono quasi inevitabili. Ad ogni modo io ne ho conservato un buon ricordo, perché quel che diceva mi interessava, e anche quando non mi interessava mi dava l'impressione che un giorno, in futuro, avrebbe potuto interessarmi e quindi lo ascoltavo comunque con attenzione.

Anche qui c'è un epilogo a sorpresa. Qualche anno fa mi telefonò Sary, annunciandomi che un nostro compagno di classe aveva iscritto sua figlia al nostro liceo, e lo aveva fatto al solo scopo di assicurargli la Legree come insegnante.
"Boh, è una scelta come tante" commentai "Era senz'altro una brava insegnante, però, dopo trent'anni non so se..."
"Sì, ma tu non la odiavi" ribatté Sary "E non cambiavi marciapiede quando la vedevi per non salutarla".
"Non penso proprio che l'avrei fatto" ammisi "Anche se in effetti non l'ho mai incontrata. Ma di sicuro non la odiavo, anzi ne ho un buon ricordo".
"Per l'appunto. Lui invece la odiava".
Il cuore umano è, invero, un curioso guazzabuglio - né, in effetti, il nostro comune compagno di classe ci è mai sembrato una persona particolarmente notevole per buon senso. Ma, se mai qualcuno dei miei alunni mi ha odiato o mi odierà, spero caldamente che si astenga dal mandarmi qualche suo figlio a scuola apposta perché mi abbia per insegnante. Lo troverei piuttosto inquietante, ecco.