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giovedì 18 dicembre 2014

I balsami beati per me le Grazie apprestino


Entrambi i miei genitori lavoravano nel settore pubblico ed entrambi avevano la curiosa caratteristica di andare al lavoro anche da ammalati, rimproverandosi reciprocamente per tale insana consuetudine.
Era un classico rituale di famiglia cui ho assistito sin da bambina: quello sano rampognava il malato e lo esortava grandemente a prendere dei giorni per malattia, o ad accettare tutti quelli che il medico gli offriva. Talvolta mi univo anch'io alle esortazioni, dicendo cose assai sensate che come tali venivano accolte dal genitore sano, mentre quello malato scuoteva la testa e borbottava qualcosa sul fatto che "quello era un caso particolare". Di fatto era quasi sempre un caso particolare e solo circostanze assai drammatiche riuscivano a tenerli a casa.

In cuor mio non mi capacitavo, tanto più che con la scuola non mi sono mai fatta problemi: se stavo male non andavo, e anche se stavo semplicemente così-e-così mi guardavo bene dal fare mostra di eroismo.
Tuttavia, quando ho cominciato a lavorare, vuoi per condizionamento, vuoi perché il DNA era quello, mi sono ritrovata ad andare al lavoro in condizioni proibitive, sempre ricorrendo alle scuse più improbabili. Perfino quando una serie continua di malanni più o meno bronchiali a lungo trascurati si evolse infine in una splendida broncopolmonite che mi tenne inchiodata al letto per tutte le vacanze di Natale, in un grande rutilare di antibiotici e cortisone, mi rifiutai di prendere atto del sottile confine che separa una persona coscienziosa da una perfetta idiota e mantenni intatte le mie perverse abitudini. I miei stakanovisti genitori, ormai in pensione, non cessavano di rimproverarmi per questo, ma li lasciavo dire, forte del fatto che abitavano ormai a sessanta chilometri di distanza e più di tanto non potevano intervenire. 
C'è da dire che il mio perverso inconscio collaborava: per esempio una notte che rimasi a tossire fin verso le quattro, alle due stabilii che il troppo era troppo e misi la sveglia alle otto per chiamare la scuola e dire che avrebbero dovuto fare a meno di me.
Mi addormentai infine, ma feci un sogno così orribile e spaventoso che quando infine la sveglia suonò, dopo il sollievo di scoprire che, appunto, era solo un sogno, invece di chiamare la scuola mi vestii di tutto punto e mi presentai puntuale in classe (entravo alla seconda ora) seppure alquanto sbattuta, parendomi assai più allettante fare quello sforzo fisico che restare da sola a letto a combattere con gli orrendi fantasmi evocati da quell'incubo.

Naturalmente ero prontissima a criticare tanto demenziale stoicismo negli altri, che trovavo veramente stupidi quando facevano cose del genere. Forse che pensavano che senza il loro apporto lavorativo la scuola sarebbe crollata o che le loro classi sarebbero state condannate in eterno ad una totale ignoranza, mancandogli le più elementari basi per proseguire gli studi? Possibile che non si rendessero conto che pochi giorni di assenza non avrebbero pregiudicato irreparabilmente una programmazione equilibrata e ben impostata? Non si rendevano conto, essi, che stavano solo facendosi del male e rischiavano di trascinarsi per mesi debilitanti indisposizioni che pochi giorni di cure avrebbero debellato pienamente?
Tuttavia, quando l'ammalata ero io, improvvisamente tutto ciò non valeva più, e uno strano misto di senso di colpa atavico e di delirio di onnipotenza, unito a considerazioni-trappola del tipo "Ma anche oggi posso farcela, perché non andare?" oppure "Io mio conosco. So che questa indisposizione non è molto grave. So io quando mi devo fermare" mi hanno portato a collezionare un intero album di Eroiche Gesta non particolarmente necessarie.

Finché un giorno, dopo essermi trascinata per più di un mese una modesta bronchitella che con tre giorni di letto sarebbe probabilmente sparita in tutta fretta senza lasciare traccia, mi feci un profondo esame di coscienza: gli anni passavano, non ero più una giovinetta indistruttibile, passare i pomeriggi a letto dopo essermi trascinata a scuola sui gomiti non era poi questo gran passatempo, senza contare che così facendo quando tornavo a casa ero troppo stanca per lavorare ancora e così restavo indietro nella correzione dei compiti e consimili - per tacere del fatto che non avevo mai la forza di stirare, e ciò incideva negativamente sul mio abbigliamento.

Così decisi che da quel giorno avrei cambiato vita e la prossima volta mi sarei comportata saggiamente, scegliendo il male minore di una breve assenza a quello di un lento stillicidio - senza contare che in quel modo avrei evitato di mettere in giro altri bacilli, che sono veramente l'ultima cosa di cui una scuola ha bisogno.

La volta dopo, che è stata la primavera scorsa, non feci niente del genere, si capisce. Tuttavia addivenni ad un compromesso con me stessa e, dopo una rapida visita dal medico, mi imbottii coscienziosamente di antibiotici che stroncarono sul nascere il mio perfido mal di gola. In effetti l'idea di mettermi a letto mi repelleva, perché mi sentivo perfettamente in forze, a parte una strana spina in gola. 
Dopo la mia brava settimana di antibiotici, per la verità, tanto in forze non ero più, tuttavia avevo mantenuto un decoroso tenore di vita, oltre a non avvertire più alcuna spina.

Tutta questa lunga manfrina è per dire che invece stavolta ce l'ho fatta: niente antibiotici, dato che non avevo mal di gola ma solo febbre e un solenne raffreddore: tuttavia ho accettato due giorni dei quattro che il medico mi proponeva, e ne ho fatto buon uso. In mia assenza la terza ha fatto (come ho scoperto esaminando da casa il registro elettronico) una simulazione della prova Invalsi, un ora supplementare di Inglese e una di Arte - il che non gli ha fatto certo male, come non credo gli abbia fatto male andarsene a casa un ora prima. Io invece sono stata al calduccio e ho finito ben tre libri che avevo a mezzo. 
E dunque anch'io posso farcela, e prendermi qualche giorno di malattia senza essere necessariamente in vista della cassa da morto. L'importante è che perseveri, senza dormire sugli allori, e che mi impegni con costanza.

Il fatto che domani o Venerdì voglio andare a vedere il terzo film dello Hobbit, possibilmente senza stramazzare in vista della porta del cinema può darsi che abbia contribuito ad aiutarmi sulla via del rinsavimento. Ma del resto è risaputo, quante grandi imprese sono state portate a compimento appunto perché dall'esterno è arrivato un piccolo ma provvidenziale aiuto?

15 commenti:

dolcezzedimamma ha detto...

Come ti capisco! A scuola con 38° di febbre, con raffreddori da inondazione, per poi sentirmi dire:"Ma perché non sei rimasta a casa?" Adesso il mio corpo si è fatto furbo, e quando combina qualcosa, la fa per bene: Risultato: un mese a casa l'anno scorso e già una settimana quest'anno. Non so se è l'età o se è la ribellione di "fratello asino"(come san Francesco definiva il suo corpo).
E' difficile sradicare abitudini consolidate, anche se, comunque, il mondo e la scuola)vanno avanti anche senza di noi.

Ilaria ha detto...

Io invece se sto realmente male sto a casa, anche per evitare di attaccare i miei virus agli altri. Devo dire che sono molto critica verso gli "eroi" che vanno al lavoro a contagiare tutti!

ammennicolidipensiero ha detto...

scrivevo in un'altra occasione (ricopio per comodità)... c’è una buona probabilità che etologi ed antropologi siano venuti a capo del famoso dilemma della gazzella, ovvero per quale motivo una gazzella, di fronte al leone, anziché scappare come una forsennata si mette a fare salti di eleganza sopraffina e di grande dispendio energetico per sfuggirgli. pare che la ragione sia di tipo evolutivo: selezione naturale/sessuale del più forte, sfida alla sopravvivenza. io, gazzella, ti dimostro che sono in grado di sopravvivere al leone spingendo al massimo il mio narcisismo, e per questo sono ammirata e cercata dalle altre gazzelle.
nell’uomo, non siamo così distanti da questo retaggio evolutivo. questo vale per qualunque comportamento danneggi con consapevolezza il nostro fisico, dal fumo all’alcol alle prove al limite del rischio. non ultimo, il fatto di non prendersi giorni di pausa in caso di influenze.
può sembrar teoria bislacca, ma, ti dirò, in fondo in fondo credo a questa in pari misura rispetto al senso di responsabilità.
e il dramma è che ne soffriamo in tanti... :(

Annalisa ha detto...

E' vero, è vero! Quando lo fanno gli altri, sei lì a convincerli che la cosa più sana, giusta, sensata e, alla fine, anche più "economica" per tutti, sia appunto quella di prendersi il tempo di guarire per bene; quando capita a te, trovi mille motivi per dire che, no, per questa volta è meglio farsi forza e andare ugualmente a scuola (magari a spargere germi tra colleghi e virgulti...)

acquaforte ha detto...

Come ti capisco ! Per anni ho considerato il mio lavoro (ero segretaria in un Istituto Universitario a Medicina) come la mia personale coperta di Linus. Mi sentivo indispensabile e gli altri me lo lasciavano credere. Quando ho capito che mia figlia adolescente aveva più bisogno di me del mio Direttore di Cattedra, me ne sono andata. Sono senza la mia coperta e ho scoperto che mi piaccio.
Oggi ho visto il film. Sigh(lacrime).

Melchisedec ha detto...

Mi allineo alla tua posizione. L'anno passato è stato "nero", ho chiesto 5 gg di malattia. Sparsi qua e là.
Finora per il 2014 neanche un giorno.
Un dato è certo: la scuola va avanti anche senza la mia presenza. Quindi in atto c'è un processo di revisione della mia posizione: se si sta molto male, meglio a casa!

Sary ha detto...

Sono fiera di te e mi congratulo per il traguardo duramente ottenuto dopo anni di vani tentativi

Murasaki ha detto...

@Dolcezze
il cuore ha le sue ragioni e trova sempre il modo di farle valere, ma anche Fratello Asino non è da meno!
Va da sé che, almeno a livello teorico, sono più che convinta che mondo e scuola vadano avanti benissimo anche se io mi soffio il naso stando ragionevolmente a letto!

@Ilaria:
ma a quel che ho capito qui TUTTI sono criticissimi verso gli ALTRI che si regolano secondo ragione, io per prima. Va da sé che le persone sensate par tuo danno un vero e reale contribuito contro le epidemie, assai più degli idioti par mio.

@ammennicoli
Mi piace l'idea di paragonarmi a una gazzella autolesionista per pura vanità (sì, lo so che qui sarebbe una questione più complessa, chiamiamola "vanità" per sintesi). Credo sia una delle motivazioni perverse elaborate dal mio perverso cervellino, in effetti.

@Annalisa:
sì, le motivazioni che sento accampare e che accampo a mia volta per queste bravate sono un vero campionario di scempiaggini!

@Acquaforte:
Ecco, credo che commentare questo film sarà un esperienza affascinante: stiamo VERAMENTE dicendo di tutto e di più, e secondo me vuol dire prima di tutto che PJ ha fatto quaklcosa di non prevedibile. Che, comunque sia venuto, torna a suo onore perché gli esperimenti si pagano sempre, ma possono essere molto produttivi.

Mel:
concordo su tutta la linea!

@Sary:
grazie dei complimenti, ma non sono sicurissima che, sotto questo aspetto, tu sia poi così in grado di salire in cattedra ^__^

lanoisette ha detto...

io ho raggiunto il top andando a scuola con la cistite emorragica e chiedendo al Benza di passare dal medico a farsi dare delle bombe chimiche per me.

Anonimo ha detto...

Io non mi ammalo, porca miseria!
Anche perché poi, quando rarissimamente succede, a scuola ci devo andare lo stesso perché comunque, tra figli da ritirare di qua o di là, spese da fare e così via, mi tocca lo stesso uscire di casa.

Fatevi i Gatti Vostri ha detto...

Se Tu avessi pensato di curarti bene bene e andando 'n culo al senzo der dovere, fossi ancora arrotolata nelle lenzola meriteresti una menzione d'onore, in ogni caso un saluto e un abbraccio son già tui. Li manderò dalla stazione di Firenze, tra poco nella pausa del cambio treno. Non so se stai a oveste, este, sudde o norde ma se lo lascio volà da via Alamanni ci sta che t'arrivi
auguri Dante

il grigio ha detto...

Fortunatamente non ho più di questi problemi (non che sia diventato invulnerabile solo che il lavoro non mi assilla più). Devo però lottare con la signora Grigia che andrebbe a scuola anche in ambulanza :-)

Murasaki ha detto...

@LaNoisette:
vabbe', vedo che per te c'è ancora molta strada da fare... però almeno non eri contagiosa - almeno immagino.

@LGO:
mmmhhhh...

@Dante
auguri, auguri e ancora auguri, che non mi sembra ci sia altro da dire - e ricambio l'abbraccio con tutto il cuore.
Rispetto a Firenze io sono... diciamo in zona sud. E per andare in culo al senzo der dovere, la strada è lunga ma ci stiamo attrezzando, un po' per volta ^__^

@Grigio:

Murasaki ha detto...

@ Grigio:
La tua signora vanta un illustrissima e vasta tradizione!

Aliceland ha detto...

Anch'io, come LGO, non mi ammalo mai, o quasi mai. Tanto che mi viene da pensare che i miei colleghi che si fanno tutti gli anni almeno una settimana solida a casa per l'influenza ci marcino un po'.
Anche perché il mio medico prima di dare una settimana di malattia deve constatare uno stato vegetativo o una malattia mortale, per il resto mai avuto più di tre giorni!
Comunque brava a te che sei riuscita ad uscire dal tunnel!