Il mio blog preferito

venerdì 31 luglio 2015

Welcome to the NHK - Tatsuhiko Takimoto


In biblioteca sono un utente silenziosa, rapida e ben organizzata e finisco inevitabilmente per uscirne con più libri di quel che avevo programmato - 
insomma, l'ultima cosa che mi serve è un bibliotecario zelante che arrivi con ulteriori suggerimenti; ma siccome so che lo fanno perché lo considerano parte del loro lavoro e non per pura impiccionaggine, quando ci provano li ascolto con paziente cortesia e non sempre senza frutto.
Questo per dire che mai e poi mai avrei messo le mani sul libro che vado oggi a presentare se la bibliotecaria di St. Mary Mead (quella santa donna che già tanti e tanti suoi doppioni ha fatto scivolare fino alla biblioteca della scuola, e verso la quale quindi mai e poi mai vorrei commettere il benché minimo sgarbo) non me lo avesse suggerito 
"E' un romanzo giapponese che parla di quei ragazzi che vivono reclusi nella loro casa o nella loro stanza" mi spiega "Il protagonista è uno di loro e racconta la sua storia, ma lo fa in modo molto divertente".
Siccome millanto una certa conoscenza della cultura giapponese, per quanto sia consapevole che si tratta di una pretesa destituita da qualsiasi fondamento, ho ringraziato e preso il romanzo.

Hiikikomori è la parola chiave: così infatti si chiamano coloro che vivono tappati in casa per anni interi, uscendo ogni tanto di notte per comprarsi qualche genere di prima necessità. Mai fino ad ora ne avevo sentito parlare, anche se il fenomeno è abbastanza conosciuto anche qui da noi.
Si diventa hikikomori più facilmente negli anni di università, o quando gli studi finiscono e inizia la ricerca di un lavoro: dopo qualche disgraziato tentativo si tirano i remi in barca, si alza il ponte levatoio e si tagliano i legami col mondo. Si può restare hikikomori per molti, molti anni. E non succede solo in Giappone.
Piccola nota al margine: sì, esistono anche ragazze hikikomori, ma sono più difficili da censire perché... per una donna, in Giappone, voler stare in casa è un valore positivo. (Solo in Giappone? A tutt'oggi per parlare di una brava ragazza si dice che è studiosa ed esce poco, mentre mai viene in mente di lodare il ragazzo che ne sta tappato in casa come un criceto nella tana. Ma sto divagando).

L'eremita che si ritira nella sua grotta nella Tebaide non era un hikikomori, era un eremita. Stava da solo per pregare e l'umanità lo irritava, ma la temeva solo in quanto portatrice di peccato o di distrazioni. In realtà fare quella scelta gli aveva chiesto un discreto coraggio e, per quanto col tempo la sua vita possa essersi rivelata difficoltosa, ne ricavava comunque un certo aumento dell'autostima: aveva fatto una scelta in cui credeva, l'aveva messa in pratica e molti lo ammiravano per questo.
L'hikikomori non fa una vera e propria scelta, semplicemente si ritira nell'unico territorio in cui si sente al sicuro, e lo fa per paura. I sentimenti che lo animano infatti sono soprattutto due: paura e vergogna. Si è chiuso in casa perché non sopporta più il giudizio della gente, e si vergogna troppo di non riuscire ad affrontare il mondo per osare mostrarsi di nuovo nel mondo. Più che ad un eremita potremmo paragonarlo a un lebbroso che, una volta tornato a casa, può finalmente togliersi il campanaccio alla caviglia e rilassarsi un po'.
Esce di notte per fare un po' di spesa. Vive, di solito, con i soldi che gli manda la famiglia. Non studia, non ha un lavoro e non lo cerca perché per cercarlo dovrebbe uscire di casa e parlare con qualche persona (in realtà, come dimostra il protagonista, si può anche essere un hikikomori in incognito, per esempio lavorando di notte e rapportandosi col minor numero di persone possibili. Va detto comunque che, nel momento in cui ti mantieni col tuo lavoro e parli con qualcuno, non sei più un vero hikikomori e dunque non sei nemmeno tenuto a vergognarti in modo particolare, perché diventi una persona autonoma che vive a modo suo). L'hikikomori non ha vita sociale, spesso nemmeno informatica, perché non sopporta il contatto con gli esseri umani, da cui si sente deriso e perseguitato. E' amaramente consapevole di essere il fondo del fondo della scala sociale e ne soffre moltissimo. Il suo livello di autostima è probabilmente inferiore a quello dei paria indiani più sfigati, e la sua vita sembra assai infelice.

Il romanzo (narrato in prima persona dal protagonista) descrive tutto questo molto bene e abbonda e trasuda vittimismo, autocompiacimento, autodegradazione, infelicità, paura e vergogna (ma forse ho dimenticato qualche sentimento spiacevole) sia con le tecniche giapponesi che descrivono cose, persone e sentimenti senza all'apparenza descrivere alcunché, sia con quelle occidentali, più familiari ai nostri occhi.
Non è affatto divertente. Io almeno non l'ho trovata tale. C'è una buona dose di autoironia, un certo humor nero di sottofondo, ma non è affatto quel che intendo per "divertente". Proprio no. E ho faticato anche parecchio a leggerlo.
Però è un bel libro, e lo consiglio caldamente. Dopo averlo letto non solo hai capito benissimo cos'è un hikikomori e come e perché lo si diventa, ma diventi anche tu un hikikomori, in una qualche tua vita parallela, fino a sentirti in una gabbia senza uscita esattamente come si sente un hikikomori.

Al di là dell'eccellente e dettagliata descrizione della condizione hikikomori c'è una storia?
Sì, c'è una storia. E' importante, ben fatta e racconta come si possa essere infelici e feriti più a fondo di un hikikomori pur mantenendo molte delle apparenze della normalità, come le persone possono aiutarsi e curarsi anche in modi imprevisti e inconsueti che vanno al di là dei banali concetti di "aiuto" e "cura", come a volte per salvarsi capita di maltrattare quelli che dovremmo o vorremmo aiutare, oppure aiutare quelli che avremmo forse buoni motivi per tenere in grande antipatia, che curare gli altri aiuta a curarci ma solo se si fa nel modo giusto, più qualche altra decina di risvolti ognuno dei quali più volte risvoltabili. 

Il romanzo, pubblicato nel 2002, ha avuto un discreto successo in Giappone e ne hanno tratto un fumetto (2004) e un cartone animato (2006). In Italia sono arrivati tutti e tre, ma con diversa sequenza: prima il fumetto, tradotto nel 2008 dall'editore BD-Jpop, poi il cartone animato, nel 2011, e in contemporanea il romanzo, sempre a cura della BD-Jpop, a nove anni di distanza dalla pubblicazione in Giappone. Tutto questo per dire che se qualche rete non avesse acquistato i diritti del cartone animato, questo romanzo in Italia non lo avremmo visto mai, e anche così è arrivato solo grazie a una casa editrice che potremmo senz'altro definire di nicchia, mentre mi sembra invece un  prodotto che avrebbe meritato un po' di riguardo in più - in effetti l'ho trovato di qualità nettamente superiore a molto di quel che dal Giappone contemporaneo ci arriva e che tanto viene sviolinato dai nostri amati critici letterari.

E' piuttosto difficile da trovare in biblioteca, almeno dalle mie parti. In compenso costa poco, e con dodici euro si porta a casa (o anche meno se si compra in rete, mentre non sono sicura che esista una versione liquida).

Con questo post partecipo al Venerdì del Libro di Homemademamma sperando che in questa assai luminosa estate nessuno indugi troppo in casa per soverchia paura del mondo esterno, con la scusa di leggere - tranne, naturalmente, nelle ore più calde della giornata.

lunedì 27 luglio 2015

Sul nuovo documento ministeriale di valutazione delle competenze (BLEAH!)

Il nuovo documento (sperimentale) di valutazione delle competenze non ha incontrato il mio totale e completo gradimento

Fino a quest'anno alla fine dell'esame di Terza si segnavano le Competenze* raggiunte da ogni alunno, divise per materie, e le segnavamo in decimi, come fossero voti. Era tutto un po' approssimativo perché dal MIUR avevano promesso di spiegarci nel dettaglio di che si trattava ma poi non si sono mai preoccupati di farlo.

Quest'anno il MIUR ha infine deciso di riprendere in mano la questione preparando un nuovo documento, che tenesse conto delle richieste dell'Unione Europea.
E' ancora in forma sperimentale, ma al Collegio Docenti, di nostra spontanea volontà e senza costrizione alcuna, abbiamo accettato di testarlo perché siamo bravi e coscienziosi e AUPP**.
A Maggio cotal documento è arrivato. La prima novità è che le competenze si compilano PRIMA dell'esame - idea non dissennata, a mio avviso.
Consta di dodici competenze dodici, ognuna delle quali corredata da un Profilo e da un indicazione della o delle Competenze Chiave che riguardano. C'era anche una colonnina che dice che quella specifica competenza riguarda "tutte le discipline con particolare riferimento a..." (cioè il singolo Consiglio di Classe doveva decidere a quali discipline la competenza faceva riferimento***) e il livello raggiunto dall'alunno. Tale livello va  indicato con una lettera dell'alfabeto da A a D, dove D sta ad indicare che la competenza è a livelli più che minimali mentre A è il livello massimo.
Il documento è stato poi consegnato alle famiglie che l'avrebbero a loro volta consegnato alle scuole superiori dove ne avrebbero fatto Carta da Deposito, come tutti gli anni.

Dalla Dirigenza si sono raccomandati che appuntassimo con cura tutte le osservazioni e modifiche che ci venivano in mente, perché poi sarebbero state inviate al Ministero. Di fatto, nessuno poi ci ha chiesto alcunché, né il Ministero ha mostrato curiosità alcuna nei confronti del nostro lavoro. Almeno, non mi risulta.
Io comunque qualche appunto lo avevo preso, e visto che non mi piace buttare via il mio lavoro ci faccio un post.

Il vero problema, prima ancora delle attribuzioni delle materie alle varie competenze, è stato capire le competenze stesse, che erano redatte in forma talvolta piuttosto ermetica. E di questo andrò a parlare adesso.

Le competenze erano dodici più una, generica, che serve ad indicare competenze particolari non comprese nelle prime dodici. Almeno credo.
Cominciamo dalle buone notizie: le prime tre erano facilmente gestibili:
n. 1 Comunicazione nella lingua italiana o lingua di istruzione (nel nostro caso: Italiano)
n. 2 Comunicazione nelle lingue straniere (nel nostro caso: Inglese e Spagnolo)
n. 3 Competenza matematica e competenze di base in scienze e tecnologia (e le abbiamo collegate a Matematica, Scienze e Tecnologia).
Certo, ci sono sempre dei casi particolari: per esempio Wasp che è di origini statunitensi e parla benissimo inglese anche se non ha mai studiato spagnolo se non, un pochino, verso la fine dell'anno sotto minaccia di bocciatura; ma è vero che l'atteggiamento verso le due lingue straniere di solito è molto simile nei singoli alunni, come la capacità di raccattare qualcosa in quel campo. Insomma, quelle tre prime competenze non ci hanno creato grandi problemi, tanto più che non si trattava di fare una media tra i voti delle varie materie ma di indicare quanto l'alunno si sentiva a suo agio navigandoci dentro.

Con le altre nove competenze è andata decisamente meno liscia.

La n. 4 riguarda le competenze digitali. Ci sarebbe molto da discutere su cosa si intende con competenze digitali: l'alunno gioca bene ai videogiochi? Sa programmare? Usa la grafica? Riesce a soccorrere l'insegnante se un programma non parte? Sa ritoccare le foto? E' in grado di inserire nel salvaschermo della LIM una frase per prendere in giro l'insegnante quando entra in classe? Sa entrare nel registro elettronico e ritoccarsi i voti? Sa navigare bene? Sa condividere un selfie? E anche: cosa ne sappiamo noi, di cosa sa fare esattamente? Se sa truccare il registro elettronico gli spetta una bella A, e magari anche una sospensione, ma è improbabile che ce lo racconti. Senza contare che alle medie, dopo il passaggio della Scure Gelmini, quasi nessuno fa informatica, ormai; magari qualche insegnante ha un opinione sulle competenze informatiche di qualcuno, ma non certo su tutti.
Bene, tutto ciò rappresenta il minore dei problemi; perché il profilo di questa competenza, come tutti i  profili, è stato pescato dalla descrizione dell'alunno ideale che esce dal primo ciclo secondo le Indicazioni Ministeriali, e per descrivere le competenze digitali qualche sconsigliato ha selezionato un passo che recita usa con consapevolezza le tecnologie della comunicazione per ricercare e analizzare dati ed informazioni, per distinguere informazioni attendibili da quelle che necessitano di approfondimento, di controllo e di verifica, e per interagire con soggetti diversi nel mondo.
Ora, per riconoscere se una notizia è valida o va controllata servono competenze che con l'informatica non hanno molto a che vedere, indipendentemente dal fatto che la notizia sia in rete o venga trasmessa col notiziario delle 15.00. Per identificare la bufala sui gatti volanti trovata su Facebook non devi saper usare Facebook, devi essere in grado di valutare se la pagina di Facebook è attendibile e se l'amico che te l'ha girata è un tordo che abbocca a qualsiasi stupidaggine gli mandino o è invece una persona che prima di condividere controlla. Non è una competenza digitale, caso mai fa parte del gruppo "imparare a imparare". Sì, in generale un Consiglio di Classe è in grado di stabilire con una certa approssimazione se X sa come riconoscere una notizia valida da una completamente campata in aria, ma se lo sa fare non l'ha certo imparato semplicemente usando il computer, bensì usando una cosa che si chiama spirito critico. Il fatto di avere dimestichezza con le apparecchiature digitali non ti dota di spirito critico, e nemmeno te ne priva. Si sta parlando di due competenze diverse.
Il tutto si riferisce dunque a tutte le materie, ma siccome non siamo riusciti a decidere se stavamo parlando di spirito critico o di competenza non l'abbiamo compilata. All'ultimo momento in Segreteria hanno deciso che non andava bene lasciare la competenza bianca e hanno messo D a tutti. Risulta così che abbiamo un intera classe di trogloditi informatici nonché di deficienti.

La competenza 5 riguarda sia imparare ad imparare che consapevolezza ed espressione culturale, che non mi sembrano un accoppiata delle più scontate. In questa competenza bifida l'alunno si orienta nello spazio e nel tempo dando espressione a curiosità e ricerca di senso; osserva ed interpreta ambienti, fatti, fenomeni e produzioni artistiche.
D'accordo, immaginiamo questo prode alunno che interpreta ambienti, fatti, fenomeni e produzioni artistiche (oppure non riesce a interpretarle): si sta parlando di intelligenza e spirito critico, e tutto sommato per un Consiglio di Classe non è difficile valutare a che livello il prode alunno ha raggiunto questa competenza; ma che cazzo di accidente c'entra con tutto ciò sapersi orientare nello spazio? L'orientamento nello spazio è una nobile competenza, ed è giusto parlarne, ma che c'azzecca con la capacità di valutare quadri, sculture o avvenimenti politici? (Sì, il fatto di riuscire a perdermi anche nel salotto di casa mia mi ha reso molto sensibile alla questione. E tuttavia so di non essere l'unica a soffrire di questo tipo di disabilità pur riuscendo a orientarmi in modo dignitoso sull'asse temporale).
Qualche Consiglio di Classe l'ha collegata a Storia e Geografia. Ma allora perché infilarci per forza anche le produzioni artistiche?  E siamo proprio sicuri che se non sai orientarti bene necessariamente sei destinata/o ad essere una frana in Geografia?
Noi comunque l'abbiamo collegata a una generica curiosità verso il mondo esterno.

La n. 6, di nuovo classificata in imparare ad imparare descrive così il malcapitato alunno: possiede un patrimonio organico di conoscenze e nozioni di base ed è allo stesso tempo capace di ricercare e di procurarsi velocemente nuove informazioni ed impegnarsi in nuovi apprendimenti anche in modo autonomo. Insomma, si sta parlando della capacità degli alunni di usare quel che sanno anche per, all'occorrenza, cercare di saperne di più. Diciamo una via di mezzo tra la cultura generale e la capacità di usarla e collegarla. Andrebbe tutto bene se non ci fosse il doppione con le competenze digitali (n. 4). 
Anche qui, l'abbiamo attribuita a tutte le materie.

La n. 7 afferisce al gruppo consapevolezza ed espressione culturale: il nostro giovane mutante, beato lui, utilizza gli strumenti di conoscenza per comprendere se stesso e gli altri, per riconoscere ed apprezzare le diverse identità, le tradizioni culturali e religiose, in un ottica di dialogo e di rispetto reciproco. Interpreta i sistemi simbolici e culturali della società.
Dietro mio suggerimento è stata soprannominata "competenza del Dalai Lama". Naturalmente non sono molti gli alunni che ce l'hanno ad alto livello, e lo stesso vale per gli adulti, ma si capisce di cosa si sta parlando e non ci sono problemi a riferirla a "tutte le materie".

La n. 8 riguarda la consapevolezza ed espressione culturale: l'alunno in relazione alle proprie potenzialità e al proprio talento si esprime in ambiti motori, artistici e musicali che gli sono congeniali
D'accordo, siccome Arte, Musica e Scienze Motorie sono materie di serie B hanno deciso di accorparle, tanto si assomigliano, giusto?
Una sega, si assomigliano. Sono tre ambiti completamente diversi e assai spesso capita che chi eccelle in uno dei tre ambiti non abbia molto da dire negli altri due. E' vero che esiste una competenza 13 che parla di competenze significative non meglio definite, e quindi possiamo metterci chi balla bene ma disegna da cani e chi ha eccellenti capacità grafiche ma stona peggio di una campana rotta. Ma cosa segniamo, nella competenza 8? Facciamo la media fra tre materie che non ci incastrano nulla tra di loro, penalizzando le eccellenze? Segnaliamo le eccellenze anche se non sono tali in tutte le tre materie? 
Alla fine abbiamo appunto fatto, con scarsissima convinzione, una sorta di media tra le tre materie.
Cosa c'era di indecoroso a mettere tre competenze separate, una per le scienze motorie, una per la musica e una per le arti figurative? Si sono messi a risparmiare carta proprio quando arriviamo alle discipline artistiche?

Le ultime quattro competenze riguardano tutte le materie, o comunque così ci è sembrato.

n.9, ovvero spirito di iniziativa e imprenditorialità più competenze sociali e civiche. In questo caso l'alunno dimostra originalità e spirito di iniziativa. Si assume le proprie responsabilità, chiede aiuto quando si trova in difficoltà e sa fornire aiuto a chi lo chiede. E' disposto ad analizzare se stesso e a misurarsi con le novità e gli imprevisti.
Più che una competenza, questo è un calderone. Oppure una competenza bifida, come la 4: da una parte lo spirito di iniziativa (ma se davvero l'Europa ci chiede di parlare di "spirito di imprenditorialità" per ragazzi intorno ai 14 anni forse sarebbe il caso che l'Europa cominciasse a mettere anche un po' di tabacco, in quel che fuma), dall'altra la capacità di collaborare, che in Italia non è diffusissima, con nostro grave danno. Quest'ultima però si potrebbe magari accorpare senza troppi danni alla n. 7: un alunno che conosce se stesso sa anche quando è nelle peste e gli serve aiuto; e se è animato da gran spirito di comprensione e rispetto verso gli altri, sarà pur disponibile a dargli una mano se necessario.
D'altra parte un alunno dotato di spirito imprendit spirito di iniziativa non è detto che necessariamente si interessi anche dei problemi dei suoi compagni. Naturalmente non è detto nemmeno che se ne freghi, semplicemente sono due cose diverse, che non c'è motivo di collegare a forza perché ti sei incaponito a fare 12 competenze 12, come gli apostoli e i mesi dell'anno e le ore dell'orologio a lancette. 

Tanto più se continui a seminare doppioni, in queste dodici competenze.
La n. 10 afferisce sia a imparare ad imparare che alle competenze sociali e civiche. L'alunno ha consapevolezza delle proprie potenzialità e dei propri limiti. Orienta le proprie scelte in modo consapevole. Si impegna per portare a compimento il lavoro iniziato da solo o insieme ad altri. Ma tutte queste belle cose non le faceva già con la competenza 9? Tra l'altro se ha spirito di iniziativa e ha cominciato qualcosa, deve anche impegnarsi per portarlo a termine, altrimenti il suo è, più che spirito di iniziativa, scervellato protagonismo e talento nel complicare la vita agli altri, ovvero un livello D della competenza n.9. 
Sorge anche una domanda: in quanti modi diversi questa sventurata creatura deve dimostrarci di avere consapevolezza di sé? Prima sul piano culturale (n. 7) poi su quello imprenditoriale (n. 9), poi su quello civico (n. 10)...

La competenza n. 11, che va sotto la targhetta delle competenze sociali e civiche è... il voto di condotta. L'alunno infatti rispetta le regole condivise, collabora con gli altri per la costruzione del bene comune esprimendo le proprie personali opinioni e sensibilità. A dirla tutta costruiva il bene comune con gli altri anche nella competenza 10, nonché nella 9 quando aiutava gli altri. 

La competenza 12 è sempre compresa nel pacchetto competenze sociali e civiche, ma ci hanno messo dentro un po' di tutto, comprese cose di cui la scuola dovrebbe evitare di impicciarsi, se non richiesta: Ha cura e rispetto di sé, come presupposto di un sano e corretto stile di vita (d'accordo, si suppone che non dovrebbe tagliarsi con le lamette né vomitare sette volte al giorno o imbottirsi di anfetamine. Ma se lo fa, vi sembra che la prima cosa di cui il Consiglio di Classe si preoccuperà saranno le competenze? O credete che le altre competenze non ne saranno un tantino influenzate?). Assimila il senso e la necessità del rispetto della convivenza civile (ma non l'aveva già fatto con la competenza 7?). Ha attenzione per le funzioni pubbliche alle quali partecipa nelle diverse forme in cui questo può avvenire: momenti educativi informali e non formali, esposizione pubblica del proprio lavoro, occasioni rituali nella comunità che frequenta, azioni di solidarietà, manifestazioni sportive non agonistiche, volontariato ecc.
Ora, i casi sono due: o il nostro giovane Dalai Lama ha partecipato con la classe, poniamo, alla commemorazione della Strage del Vallone, e allora questo è già considerato in altre competenze fra cui quella della collaborazione col resto della classe; oppure è andato per i fatti suoi alla Marcia della Pace, magari con gli scout o con la famiglia o la parrocchia, ma in ambito extrascolastico. O non c'è andato perché i genitori non ce l'hanno portato. E non è detto che la scuola ne sappia niente.
Se costui/costei è tanto sensibile ai valori della solidarietà e della democrazia e va a portare le coperte ai senzatetto alla stazione si spera che in qualche modo la cosa si riverberi anche nella sua vita scolastica, e se non si riverbera in alcun modo forse sono attività che si limita a subire per quieto vivere, e allora non ha senso dargli una competenza in merito. Insomma, vogliamo mettere qualche paletto all'impiccionaggine insegnantesca e limitarci a valutare quel che sappiamo e vediamo, che già non è affare di poco conto?
Dopo gran meditare, anche questa competenza l'abbiamo lasciata bianca, e la segreteria l'ha trasformata in D - questa volta quasi azzeccandoci perché in quella classe scarseggiavano assai sia il senso civico che la solidarietà (pure quella interna, a dirla tutta).

In conclusione, mi sento di affermare che il documento ministeriale sulle Competenze presenta tuttora un buon margine di miglioramento.

* per chi proprio volesse farsi una competenza sulle Competenze, ho provato a spiegare qualcosa in merito qui.
** E Anche Un Po' Pirla.
*** Siccome non sempre la descrizione della competenza brillava per chiarezza, ogni Consiglio di Classe si è regolato come gli è sembrato meglio per l'attribuzione delle materie. Tutto ciò è stato senz'altro molto democratico, ma tutti noi avremmo preferito ricevere indicazioni più chiare, magari anche più limitative e circoscritte, ma comunque più chiare.

mercoledì 22 luglio 2015

Esame di terza media: non solo contabilità (e alla fine l'Unicorno salva tutti)

Esistono calcolatrici di vari tipi e forme. Queste vanno ad energia solare.

(Premessa: durante il laboratorio sull'autobiografia, in Gennaio, la classe è stata divisa in gruppi e ognuno doveva descrivere con un disegno il corso dell'anno scolastico, immaginando anche la conclusione. Il gruppo con Arwen, Ingrid e Marlene ipotizzò, per il prosieguo dell'anno, un lungo percorso a ostacoli con fossati, crudeli mostri e trappole varie  dove ogni volta la classe perdeva qualche pezzo. Ma alla fine "l'Unicorno salvava tutti". Così l'ho fatto appendere in classe, perché fosse di conforto a tutti noi nel tempo a venire, che si prospettava assai nero, e sperando che si rivelasse profetico. Lo è stato)

Come ho già avuto occasione di scrivere la pratica corrente di aggiustare i voti delle singole prove di esame in funzione del risultato finale mi risulta irritante come un lenzuolo di ortica fresca, e non ho mai mancato di farlo notare ai colleghi. Tale irritazione, va detto, non era solo una mia esclusiva e infatti quest'anno, grazie anche a un concorso di circostanze favorevoli, le sottocommissioni di esami della scuola media di St. Mary Mead sembravano appunto sottocommissioni di esame e non piccoli raduni di contabili.

L'esame comincia con gli scrutini, dove viene dato il voto di ammissione. Quest'anno però, finalmente, anche i colleghi sembravano consapevoli che il voto di ammissione non era necessariamente la media matematica dei voti delle singole materie nel secondo quadrimestre, compresi quelli (molti, nel nostro caso) alzati a sei, ma era passibile di aggiustamento tenendo conto di tutto il triennio; così abbiamo semplicemente dato il voto di ammissione che più ci sembrava opportuno - il che sta a dire, nel nostro caso, che ne abbiamo abbassati parecchi. Dopo lunga ponderazione è stata ammessa anche Blackie, nonostante avesse praticamente saltato il secondo quadrimestre, in base alla considerazione che, per quanto ne potevamo capire, era in grado di superare l'esame purché si degnasse di farlo con un po' di attenzione e soprattutto di presentarsi alle varie prove.

E Blackie si è effettivamente presentata a tutte le prove e gli scritti sono passati senza grandi drammi. Ad ogni prova la Terza Incasinata è stata la prima a consegnare e la nostra sottocommissione è sempre stata la prima a portare la busta sigillata in direzione e firmare il verbale per poi tornare tranquillamente a casa ben prima delle altre.
Unico tocco di colore locale: ben tre alunni su diciassette sono venuti a scuola senza calcolatrice il giorno del compito di matematica: l'avevano dimenticata. Così ho fatto il giro delle commissioni e dei professori e sono pure sbarcata dai custodi, e in qualche modo ho raccattato tre calcolatrici tre, di cui una bellissima a forma di ranocchia verde con pulsanti gommosi. Naturalmente gli stessi tre non avevano nemmeno il dizionario di inglese e di spagnolo - probabilmente perché contavano di usare quello di qualche compagno, possibilmente ben farcito di bigliettini. Ma, ahimé, dalla Sala Professori sono spuntati dizionari in numero bastevole per tutti e tre, e qualche piccolo spostamento tra i posti ha impedito maneggi troppo visibili.
Come avevo  promesso, a semplice richiesta (e consegna dei soldi necessari) sono andata alla macchinetta e ho preso quel che i ragazzi volevano - sì, perfino l'Estathe, contro il quale negli ultimi mesi avevo condotto una lotta senza quartiere*. Solo il primo giorno però, perché al secondo la macchinetta era vuota e alla ditta che ce la noleggia non avevano pensato che durante l'esame sarebbe stato forse utile un consistenze rincalzo.

La correzione degli scritti è stata piuttosto tranquilla, e la mia è stata proprio una passeggiata, anche se un po' deprimente - temi brevi, un po' noiosi ma tutto sommato corretti: una sola H sbagliata e un solo GLI al posto di LI - peccato fosse dell'Onesto Jago, unico errore in un tema piuttosto buono (va anche detto a mia discolpa che sulla distinzione tra GLI e LI sono tornata almeno quattro volte quest'anno, e l'ultima è stata a due giorni dalla fine dell'anno scolastico. Ahimé, c'è stato anche un cinque, ma ci sono stati anche  tre ottimi temi, tutti sulla traccia dell'attualità, dedicata ai social: Arwen, Ingrid... e Blackie, le due sante della classe, sempre attente, sempre pazienti e sempre studiose e la diavolessa traviatrice, motore tutt'altro che immobile di qualsivoglia atto improprio sia avvenuto nella scuola o negli immediati dintorni quest'anno. Niente errori di ortografia né di grammatica né di sintassi per loro. E niente banalità o frasi fatte.

Mentre rimettevo la pila in ordine alfabetico è arrivato un messaggero.
"Murasaki, ci servono i voti dei temi per le Invalsi".
"Cazzo c'entrano i voti dei temi con le Invalsi?" domando sorpresa.
"Non si sa, ma lo vogliono nella griglia iniziale della scheda-alunno. Abbiamo provato a mettere sei a tutti per correggerlo dopo, ma se rientriamo per correggere il sistema si sballa. Il Presidente ci ha detto di mettere i voti veri".
"Ma..." dico senza continuare.
Il Messaggero annuisce. Per vecchia consuetudine, da quando c'è l'Invalsi aspettiamo a scrivere a penna i voti dei temi per poter aggiustare i conti, in caso. 
"Lo so. Però il Presidente ha detto di inserire i voti veri".
In cuor mio sospetto che il Presidente la pensi esattamente come me sulla contabilità da esami. Scoprirò solo più avanti che in altre scuole non hanno inserito alcun voto per il tema di italiano perché non è detto né stabilito da nessuna parte che l'Invalsi sia l'ultima prova scritta, e in teoria il tema potrebbe essere svolto anche dopo la malefica Prova Invalsi (i cui responsabili sono, lo ricordo una volta di più, dei grandissimi cornuti, tutti quanti).
Ad ogni modo a St. Mary Mead il Presidente ha voluto i voti, e glieli abbiamo dati.  Mentre inchiostravo i vari numerini, ho provato un ineffabile senso di sollievo. Siamo a fare un esame composto di più prove. Ad ogni prova il suo voto. Amen.
(In realtà, come gli altri coordinatori, ho fatto prima un giretto di perlustrazione per farmi dire com'erano andati i vari scritti, ma nel complesso erano andati meglio di quanto avremmo ragionevolmente potuto prevedere, dunque a ognuno il suo voto e amen).
Con i nostri pacchetti di compiti ornati dei loro legittimi voti a penna siamo andati a fare la riunione di ratifica delle prove scritte. A dire il vero non eravamo proprio tutti, perché a Crifosso (dove, com'è universalmente noto, i professori sono molto ganzi nonché espertissimi di informatica) il sistema è impazzito un paio di volte nel corso della correzione dell'Invalsi e dunque alcuni di loro erano rimasti in sede per inserire per la seconda volta i dati che si erano autocancellati. Naturalmente siamo stati tutti molto gentili e comprensivi con i poveri colleghi di Crifosso, e naturalmente in privato e in assenza di testimoni crifossiani ci siamo molto divertiti alle loro spalle. Ma come, non erano tanto ganzi e forniti delle migliori attrezzature informatiche?
La vera verità, come sappiamo tutti, è che non esistono attrezzature informatiche né esseri umani talmente ganzi da non poter subire qualche contraccolpo dalla Perversa Prova Invalsi.

Cominciano gli orali. Anche quest'anno abbiamo avuto un orario da catena di montaggio. Visti i numeri decisamente ridotti della nostra scuola, perché dobbiamo fare undici colloqui undici al giorno, e perché questi undici sono divisi in sei la mattina, intervallo di un ora e cinque il pomeriggio? Basta sforare un po' i tempi e gli insegnanti presenti sulle tre terze rischiano di non fare in tempo nemmeno a mangiarsi un panino.
Io comunque non ero molto preoccupata: considerando il livello della Terza Incasinata, ben difficilmente lo splendore dei loro orali ci avrebbe obbligato a sforare i tempi preventivati. In particolare, la prima mattina avevamo una consistente raccolta di scartine.
A sorpresa però, scopriamo che gli orali non sono stati preparati male. I percorsi sono piuttosto ben strutturati e gli argomenti vengono esposti con un certo criterio. Naturalmente Wasp non ha portato una slide con la cartina degli Stati Uniti né uno straccio di atlante e nemmeno il libro di geografia, nonostante avessi ordinato più volte a tutti loro di portare una carta geografica bella e grande e chiara del paese che avrebbero esposto (saranno in tre, a presentarsi senza carta. Gli stessi tre arrivati senza calcolatrice e senza dizionari? No, non sempre).
Il primo giorno in tre si mettono a piangere a metà dell'orale senza un vero motivo - in particolare Ron Weasley, nel bel mezzo di un percorso a slide sul razzismo che costituisce una lieta sorpresa per tutti (nel corso dell'anno era andato sempre più sperdendosi, tanto che il suo orale era quello che più temevamo, quella mattina) si scioglie in lacrime, ma facciamo tutti mostra di non accorgercene e in qualche modo riesce a riprendere il filo e conclude nel migliore dei modi. 
Dopo aver combattuto per un anno col concetto di slide che era andato sviluppandosi nella classe (ovvero "scriviamo tutto sulle slide e poi lo leggiamo dallo schermo senza preoccuparci nemmeno di collegare l'immagine col testo) mi rallieto assai nel vedere che per l'esame hanno messo insieme delle immagini ben scelte e quasi senza testo, ben curate graficamente.
Non saranno tutte rose e fiori, comunque, e qualcuno porterà percorsi slegati, mal preparati e mal esposti e soprattutto molto, molto tirati via (eclatante il caso di una prima guerra mondiale che coinvolse 200.000 uomini con oltre 90.000 morti) ma nel complesso le cose vanno molto meglio di quel che temevamo.
L'Onesto Iago ci stronca con un percorso fluviale di più di un ora, mentre Arwen lavora di cesello con un percorso perfettamente calcolato nei tempi ma assai succoso e Ingrid sfodera un percorso che non sembra nemmeno un percorso ma una chiacchierata che tocca senza sforzo le varie materie in più punti. Fili ha preparato un lavoretto assai carino ma è talmente terrorizzato che a malapena ci attentiamo a domandargli il suo nome e il colore del cavallo bianco di Napoleone, mentre Kili, che durante l'anno ha dato il suo bravo contributo alla deriva della classe e non ha fatto una sola interrogazione decente, fa un ottimo colloquio, dimostrando perfino di avere cognizione di ciò che gli insegnanti hanno tentato di fare.
Tutti comunque stonano pietosamente appena toccano il flauto. Sì, perfino Arwen e Ingrid. E' il quarto esame che vedo a St. Mary Mead; in ogni classe uno o due alunni steccavano pietosamente, ma la gran parte dei pezzi veniva zufolata, in modo incredibilmente noioso e stridulo, ma con le giuste note al momento giusto. Quest'anno invece non si riesce a sentire un pezzo che sia uno suonato in modo decente, in quella classe.

Infine, è il turno di Blackie la miracolata, ammessa con sei insufficienze e solo perché la Preside ha votato a favore.
Gli scritti sono andati bene, annuncia l'addetto alla contabilità, tanto che la media contabile è un sette abbondante, a meno che non prenda quattro al colloquio.
Tutti scrolliamo le spalle. Quattro al colloquio? Suvvia, mai si è visto e mai si vedrà. Blackie non ha studiato un accidente in tutto l'anno e non è stata mai molto brava all'orale, ma che possa prendere quattro non è credibile.
Il contabile si lamenta assai perché Blackie uscirà con sette. 
"Se ha fatto un esame da sette è giusto che esca con sette" osservo.
Ma avrà copiato.
"Era confinata nell'angolo e non ha praticamente aperto bocca per tutto il tempo delle prove" ricorda Matematica.
"Comunque, se non volete che esca con sette basta non metterle sette" ricordo con grande soavità.
Ma non si può, esce il voto dalla media...
"L'avete letta o no la circolare? Il Consiglio può ponderare in modo fruttuoso" ringhio io "Siamo insegnanti, non siamo contabili. Potremmo anche prenderci qualche responsabilità, una volta ogni tanto".
Ma la circolare sembra parlare del caso in cui si voglia alzare un voto, non per abbassarlo.
"Se possiamo alzarlo, ne consegue che possiamo anche abbassarlo".
Ma il Sistema ce lo prenderà?
"Il sistema prende quel che gli diamo!".
Ma il Presidente non ce lo ratificherà...
"Il Presidente prenderò quel che gli diamo, come il sistema. E comunque possiamo provare a chiederglielo".
Ma tu, Murasaki, non potresti abbassare il voto del tema a sette?
"NO!" ruggisco "E' un tema da otto e prenderà otto. Sono stufa di questa contabilità del cazzo. Se la prova è da otto io metto otto. Se le date sette appoggerò il sette perché mi diverte l'idea che proprio Blackie, che stava per non essere ammessa, abbia fatto un esame da sette. Se preferite metterle sei voterò con voi per il sei perché il suo triennio è stato a malapena da sei. Ma NON abbasserò il voto del tema. Non aggiusterò mai più un voto in vita mia, a un esame. Sono stufa di fare la calcolatrice. Sono un insegnante, non una contabile..."
Cercano di calmarmi, ma non è impresa di poco conto.

Entra Blackie, biascicando vistosamente, seguita da un corteggio di ben otto persone tra cui una zia.
Ci guarda con aria schifata. Si siede con aria schifata. Firma con aria schifata. Il suo schifo nei nostri confronti, dopo che Inglese ha osato chiederle mitemente se per favore acconsentiva a fare il colloquio senza masticare la gomma non conosce limiti né confini (comunque butta la gomma nel cestino dei rifiuti).
Siamo tutti gentilissimi, oso dire biecamente sottomessi.
"Illustraci il tuo percorso, cara".
Con aria schifata Blackie ci spiega che ha portato un percorso su mafia e droghe. Molto sommariamente borbotta qualcosa su come questi argomenti si inseriscono nelle varie materie. Poi c'è la canzone, spiega tirando fuori una chiavetta.
"Una canzone?" chiede Musica perplesso "Ma, veramente non se n'era parlato..."
Una canzone.
"Una canzone cantata da te?" azzarda Fisica.
No, una canzone. E' una canzone, basta.
"Va bene, ascoltiamo la canzone".
La canzone avrebbe anche un titolo e un autore, come risulta dal testo che Blackie ci consegna (una sola copia, che facciamo girare) e in effetti ha anche un suo perché, parlando di mafia. La ascoltiamo di buon grado, con la sensazione sempre più chiara che la nostra discussione a porte chiuse sia stata del tutto inutile e che basterà lasciar fare a Blackie.
Finita la musica le chiedo "Vuoi raccontarci la storia di questa canzone?".
Risulta che la storia non la sa, né sa per chi è stata scritta "E' una canzone, basta".
(Sono solo canzonette?)
(Immagino che Fabrizio Moro non si sarebbe sentito molto gratificato, se avesse potuto assistere alla scena. Ma in fondo durante l'anno Blackie non ha avuto grandi riguardi per nessuno, fossero amici, compagni o familiari, ci sta che non ne abbia nemmeno verso di lui).
Inizia così l'orale più strampalato cui mi sia mai capitato di assistere, con poche e sconclusionate frasi annegate in ampie vasche di acqua tiepida per ogni materia. Ad esempio scopriamo che la mafia è nata con il brigantaggio, opera di alcuni delinquenti che combattevano contro lo stato italiano - una teoria talmente drastica che forse lo stesso Calderoli avrebbe qualche remora ad appoggiarla in toto; ma la storia del brigantaggio meridionale per lei si ferma lì, senza un numero o una data.
Le altre materie ricevono lo stesso trattamento. Più che un colloquio, è una serie di torte in faccia tirate senza preavviso. Piuttosto sconcertante.
E infatti siamo piuttosto sconcertati. Proviamo ad avviare un discorso, ma risulta chiaro che di droghe e di mafia Blackie non ne sa praticamente nulla, né le interessa saperne di più.
Non c'è motivo di preoccuparsi: il sei è garantito, il sette è sparito di gran carriera senza lasciare recapito e Blackie ben presto non sarà più un problema nostro. La salutiamo nel più amichevole dei modi, ma lei se ne va via assai schifata e a malapena ci risponde. 
Una volta che è uscita non discutiamo sul voto - adesso abbiamo visto che si può fare anche un colloquio da quattro, lo abbiamo visto con i nostri occhi - ma cerchiamo di capire se Blackie fosse o meno convinta di avere effettivamente preparato un colloquio o se fosse venuta lì principalmente per prenderci in giro. In tutti noi alberga il fiero sospetto che non lo sappia nemmeno lei.
Copiamo il verbalino del colloquio e facciamo entrare il Presidente per gli scrutini.

Salutiamo la Terza Incasinata senza rimpianti, ricordandoci di appuntare una richiesta di lode per Ingrid - che ha collezionato una sfilza di dieci a partire dall'ammissione, mentre Arwen ha un paio di nove e quindi la lode non la prenderà.
Alla plenaria la richiesta sarà accettata senza problemi, come di consueto.
Qualche ulteriore firma, un po' di scartoffie, e l'esame è finito.

*ci tengo a precisare che, pur non essendo una gran consumatrice di Estathe, non ho niente contro tale bevanda - o meglio, non avevo niente, fin quando la classe non è stata letteralmente invasa da Estathe che venivano bevuti e poi scaraventati per terra con assoluta noncagance. Davanti alle incredibili pile di confezioni vuote di Estathe qualcuno ha anche ipotizzato che si autoriproducessero, perché il loro numero a fine mattinata appariva davvero spropositato, considerando che la classe contava solo diciassette alunni dei quali una mezza dozzina continuava nonostante tutto a mangiare solo nei momenti a ciò preposti e a bere in misura ragionevole durante le lezioni.

venerdì 17 luglio 2015

Storie di giovani maghi - (a cura di) Isaac Asimov


Nei rarissimi momenti liberi in cui non scriveva romanzi (gialli, di fantascienza e quant'altro) né testi scientifico più o meno divulgativi, e nemmeno leggeva o dormiva, il prode Isaac Asimov curava antologie di vario genere, e infatti ne ha sfornate una quantità impressionante.
Quella che vado oggi a presentare è stata assemblata nel 1987 e contiene dieci racconti di letteratura fantastica. In Italia è arrivata solo nel 1998 e dalla copertina sono spariti gli altri due curatori, Martin H. Greenberg e Charles G. Waugh - citati a malapena, piccoli piccoli, nel copyright. 
Attualmente si trova negli Oscar Junior Mondadori e ha un prezzo decisamente contenuto.
Asimov ha scritto la prefazione, dedicata alla noia della moderna tecnologia, che funziona con monotona regolarità (al contrario della magia che lascia sempre un certo spazio all'imprevisto) ma non compare tra gli autori dei dieci racconti.

I dieci racconti, scritti a partire dal 1947, sono stati scelti con oculatezza e sono di ottima fattura e piuttosto variegati. I giovani maghi (ma il titolo originale era  "Maghi e streghe", e i racconti sono divisi rispettando le pari opportunità) sono, appunto, molto giovani, bambini o giovanissimi adolescenti, che si scoprono un improvviso talento per la magia o che si accingono a studiarla o che hanno ereditato questo dono venendo da magica stirpe oppure, semplicemente, sono maghi perché sono bambini e i bambini sanno tutto della magia. Ce ne sono di struggenti, di inquietanti e di divertenti (soprattutto Una giornata portentosa che è assai simile a una fiaba). C'è una bellissima storia di streghe - intese come streghe che venivano bruciate sul rogo nei futuri Stati Uniti - dove la magia infrange anche le leggi del tempo, c'è una storia d'amore ahimé alquanto impossibile (il primo racconto, scritto da un Bradbury in stato di grazia; ma quand'è che Bradbury non è in stato di grazia quando parla di bambini e adolescenti?) e c'è un interessante storia che parla di una ragazzina che deve affrontare l'esame di ammissione per entrare in un esclusiva scuola per streghe, dove i ritratti appesi alle pareti parlano e ascoltano e ogni riga fa venire in mente Hogwarts, che all'epoca non esisteva ancora ma che probabilmente proprio all'Esame di ammissione deve alcune sue caratteristiche.
C'è anche, come ultimo racconto, la storia di un ragazzino con un notevole talento nel disegnare i gatti - gatti tanto belli da sembrare che stiano per balzare fuori dalla pagina e andarsene in giro.

Il volume è un ottima lettura per bambini e ragazzi dai dieci anni in su, se appassionati di storie fantastiche, e si legge in poche ore. Secondo me dovrebbe funzionare bene anche come libro di narrativa per la prima media.
Comunque anche un adulto ben predisposto se lo legge molto volentieri, devo dire.

Con questo post partecipo al Venerdì del Libro di Homemademamma e auguro buone letture sotto l'ombrellone (o sotto il ventilatore) a chiunque passi di qua.

martedì 14 luglio 2015

Bilancio negativo (ma proprio negativo, di quelli senza appello)

Il triennio della classe, da me descritto graficamente nel corso del Progetto Multiculturale.
Come si può intuire, la prima parte mi è risultata molto più gradevole della seconda.

Si sa che non sempre gli insegnanti si mostrano capaci di tirare fuori da una classe tutto il suo ricco potenziale. Altrettanto si sa che non sempre gli alunni, negli anni delle medie ma non solo, dedicano completamente tutte le loro energie mentali e fisiche al conseguimento di un buon profitto scolastico. E si sa che alcune classi nascono male, perché un DS improvvido e scriteriato ordina che vangano ivi infilati tutti gli alunni più disagiati, carenti, disturbati e infelici. 
Non era questo il caso della mia ultima Terza, quella che a suo tempo chiamavo Prima D'Ogni Grazia Adorna: essa anzi era il gioiello della scuola, il faro illuminante per tutti noi, fonte di grandi soddisfazioni per tutto il Consiglio di Classe. Finché è durata.
Come Terza è stata un disastro. Non ci sono altre parole per definirla.
Diciassette alunni, sette dei quali ammessi all'esame con voto di consiglio - che sta a significare, in scuolese, che sette alunni avevano almeno un insufficienza. Cioè, un alunno aveva una insufficienza, gli altri avevano valutazioni che sembravano cimiteri, e cinque avevano fatto del loro meglio per meritarsi il cinque in condotta.

Durante l'anno abbiamo visto di tutto, e ogni mattina portava novità: alunne che si picchiavano nei corridoi, alunni che si picchiavano nei bagni, litigi in classe dove venivano offese non solo le madri ma financo i padri, lunghe processioni alla macchinetta delle merende che hanno portato a un autentica invasione di Estathe in classe, banchi incisi e maciullati, alunne che bullavano nel bagno le primine, furto con scarsa destrezza di una borsa poi gettata a spregio nel cassonetto della spazzatura, alunne che sputavano su banchi e sedie, alunni che spalmavano di colla la sedia dell'insegnante, alunni che staccavano le spine quando andavamo nell'Aula Multimediale a vedere filmati, alunni che si insultavano in piena lezione. Roba da far impallidire il ricordo di Cristaccecami, che aveva però infinite certficazioni. Qui nessuno era certificato per alcunché, nemmeno per una leggerissima dislessia. Tutti erano in grado di studiare nel migliore dei modi. Non solo, in prima tutti si amavano in modo struggente. In terza però si sono odiati con tutte le loro forze.
I genitori sono stati convocati. I genitori ci hanno fatto il solco, tra casa loro e la scuola. E non parliamo delle telefonate. I genitori erano accasciati, depressi, impauriti, esasperati, preoccupati. Hanno offerto la loro collaborazione ma non sapevano che accidente fare. E noi non sapevamo che accidenti dirgli. 
Certamente abbiamo sbagliato, e noi e loro. Potendo immaginare come si sarebbe evoluto l'insieme, sarebbe stato il caso di avviare il cosiddetto corso di recupero con gli psicologi al più presto, ma sono cose lunghe da  mettere in moto. I genitori non capivano, i genitori hanno saputo solo per gradi, i genitori molte cose non ce le hanno dette anche quando le sapevano, e noi non abbiamo insistito perché certe cose è meglio che restino private.
La simpatica scuoletta di St. Mary Mead in certi casi è senza anticorpi: la nostra blanda disciplina si basa soprattutto su buon senso, comprensione e capacità di adattamento - una combinazione che funziona quasi sempre molto bene. Stavolta non ha funzionato.
I ragazzi ci hanno odiato e maltrattato. Potremmo denunciarli per mobbing e vincere la causa. Ci hanno bullato. E hanno reso la vita di classe un inferno.
Le programmazioni sono andate avanti poco e male. A Giugno, stilando il programma di italiano, ho visto che era all'incirca la metà di quello di una normale terza.
Davanti alle insufficienze, mettevano il muso e provavano a spiegarci che la colpa era nostra che spiegavamo male - il che potrebbe anche essere, ma non si capisce perché invece in prima e in seconda spiegavamo bene - e che avevamo delle pretese assurde.
Per me è stata dura, ma per Matematica che era al suo primo anno di insegnamento è stato un incubo. Davanti a qualsiasi pur minima difficoltà scuotevano la testa e dicevano che non capivano (che avrebbe magari avuto un senso se non avessero fatto una gran confusione durante la spiegazione fino ad impedirne lo svolgimento), poi a casa frignavano perché non riuscivano a fare i compiti. I genitori accorrevano preoccupati, i genitori venivano redarguiti e a loro volta redarguivano la prole, ma la prole continuava a non studiare un accidente.
Ben presto abbiamo tirato i remi in barca e cercato di sopravvivere, giorno per giorno.
Per la prima volta ho visto una classe come quelle che vengono descritte negli articoli estivi sulla scuola da gente che a scuola non ha mai messo piede: ragazzi apatici, privi della benché minima curiosità, piagnucolosi, viziati, infantili, permalosi e piantagrane. In terza media. Ragazzi che, semplicemente, rifiutavano di usare il cervello per poi lamentarsi che i voti erano bassi. Non era solo questione di studio - non sempre le terze sono studiose, ma quasi sempre sono affamate e curiose.
Noi insegnanti ci siamo irrigiditi, per puro istinto di conservazione. Tagliate tutte le attività integrative, tagliati i laboratori (e chi si fidava?), tagliati i film, le uscite, vietato l'accesso alla macchinetta distributrice delle merende, vietato alla fine anche l'ingresso di una qualsivoglia confezione di Estathe in classe, disposti i banchi nell'unica combinazione che impediva ai sette elementi litigiosi di litigare (e quando ci sono solo diciassette alunni, sette dei quali ansiosi di litigare perché così non si fa lezione, garantisco che è dura impedirglielo).
Ci siamo annoiati a morte, e loro pure. 
Durante l'anno noi insegnati abbiamo parlato e riparlato e fatto consigli straordinari e distribuito rapporti e sospensioni e prediche e punizioni varie. Ci siamo arrabbiati e ci siamo fatti passare l'arrabbiatura perché il nostro è un lavoro dove arrabbiarsi non serve a nulla. 
Ma cosa sarebbe potuto servire?
Uno psicologo di appoggio, probabilmente - e infatti la DS ha preso accordi per averne uno,  l'anno prossimo. Beh, sappiamo tutti che non sono cose che si risolvono in tre giorni, nelle condizioni attuali.
Non ammetterne sette su diciassette all'esame, forse. Io ho votato in questo senso. Non è detto che fosse un idea valida, e infatti altri hanno votato diversamente. Ma non è nemmeno detto che fosse un idea sbagliata. Un anno di riflessione a qualcuno di loro avrebbe fatto un gran bene. Forse. O forse no? 
E' sempre difficile da decidere. La terza non è una buona classe per fermare, per questa classe in modo particolare. Un altro anno nella paciosa atmosfera di bambagia di St. Mary Mead gli avrebbe fatto bene? Forse andare a battere le corna altrove, dove loro sono i "piccoli" e non i "grandi" gli darà motivo di riflessione. 
O forse no, chi può dirlo?

E' stata colpa dei genitori?
Mah, si fa presto a dire. Fare i genitori è affare complicato e a questa età per le famiglie spesso i ragazzi sono simili ad alieni. Questo lo so. Ero abituata però che per me non fossero affatto alieni. Stavolta, letteralmente, non sapevo da che parte prenderli. Empatia zero. Cosa volevano da noi? A occhio, volevano solo trattarci male. A che pro, onestamente, non saprei dire. Non siamo una scuola rigida. Abbiamo pretese disciplinari molto ragionevoli. Violare le regole, alla scuola di St. Mary Mead non è una impresa di cui menar vanto. D'altra parte si sono trattati male anche tra loro, e questa mi sembra un impresa ancor meno degna di vanto.
E' stata colpa nostra?
Tendo a dire di no. Nessuno di loro è stato trattato in modo arbitrario. Tutti noi abbiamo cercato di fare onorevolmente il nostro lavoro al meglio delle nostre capacità, come sempre. Di più non potevamo fare.
E' stata colpa della Dirigenza?
La Dirigenza è intervenuta con atti, pensieri e parole. Ha suggerito, ha consigliato, ha stabilito. Onestamente, non posso dire che se ne sia fregata. Comunque non ha cavato un ragno dal buco, esattamente come noi.
E' stata colpa degli alunni?
Con tre eccezioni (più due parziali eccezioni) sì, mi sento di dire che è stata colpa loro. Erano giovani, inesperti del viver del mondo, confusi e, almeno alcuni di loro, terribilmente incasinati, ma si sono rifiutati di farsi aiutare e anche di aiutarsi da soli.
Avremmo potuto, noi insegnanti e la Dirigenza e i genitori, fare questo e quest'altro, forse, ma sul momento non ci abbiamo pensato. Non abbiamo comunque nessuna sicurezza che fare questo e quest'altro avrebbe rimediato la situazione.

Ogni classe funziona a modo suo. Questa, arrivata a un certo punto, ha deciso di non funzionare più. Adesso so che può succedere anche questo.
E' stata un esperienza che ha avuto anche i suoi lati positivi, primo fra tutti quello di essere finita.

L'anno scolastico è finito.
Viva l'anno scolastico!