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lunedì 19 febbraio 2018

Lunedì Film - Mississippi Burning - Le radici dell'odio (Film per le medie)

Quest'anno soffermarsi sul tema del razzismo viene, ahimé, abbastanza spontaneo. Non che a St. Mary Mead la pianta cresca granché rigogliosa, che giusto qualche giorno fa del tutto spontaneamente la Terza Amichevole osservava un certo scollamento tra il diverso risalto e biasimo riservato tutt'oggi anche in Italia allo stupro di un nero su una donna bianca rispetto a quello che spetta a un bianco che, eventualmente e caso mai, stuprasse una donna nera*.
Comunque, per farli riflettere su questo tema, il giorno della Festa della Toscana le Terze avevano visto più o meno fortunosamente, fra intralci tecnici di vario tipo e senza trarne gran costrutto, The Help.
Spieghiamo meglio: la parte femminile della classe (e alcune delle ragazze avevano già visto il film e qualcuna pure letto il libro, che orna di sua bella presenza la nostra biblioteca) aveva colto tutte le implicazioni del caso; quella maschile si è lamentata che non si seguiva bene la storia, che raccontava sempre le stesse cose, che boh. 
Riflettendoci su, mi sono resa conto che The Help è un film decisamente al femminile e lavora molto su questioni "da donne". Per molte classi non sarebbe stato un ostacolo, per la mia sì. Il concetto che il mondo riserva un trattamento un po' diverso ai maschietti e alle femminucce e si aspetta da loro cose diverse sembra perfettamente chiaro alle fanciulle e del tutto ignoto ai fanciulli - che è uno dei motivi per cui il corso sull'affettività ha i suoi problemi a decollare.
Preso atto di questo, ho deciso di procurargli qualcosa che puntasse decisamente alla questione vista dal punto di vista maschile, con molta azione e messaggi decisamente chiari: non la dolorosa frattura emotiva di donne sfruttate che allevano e amano quei bambini che di lì a poco le disprezzeranno come già è stato per i loro genitori, e alla solidarietà femminile che finisce per legare bianche e nere, o almeno quelle bianche che non riescono a porsi il problema e considerano le donne nere alla stregua di esseri umani trattandole di conseguenza, ma qualcosa di più esplicito e violento
Dalle brume della memoria è così emerso il ricordo di questo bel film del 1988 per la regia di Alan Parker che non è esattamente il racconto di un pranzo di gala, ha ben poco di intimistico e vede le donne quasi assenti. In compenso abbondano le scene di roghi, edifici bruciati, pestaggi e altre piacevolezze e il finale arriva dopo tali e tante cattiverie che nemmeno riesce a consolare più di tanto anche se alla fine i cattivi sono puniti (ma non quanto avrebbero voluto i ragazzi, che avrebbero gradito vedere almeno qualche condanna di detenzione a due cifre).
Il film ricostruisce abbastanza fedelmente una storia vera: nell'Agosto del 1964 nello stato del Mississippi scompaiono improvvisamente tre attivisti che, per conto del governo, stavano spiegando ai cittadini neri 1) che avevano il diritto di voto e 2) come dovevano fare per iscriversi alle liste elettorali per votare. Quando l'FBI chiede notizie sulla fine fatta da questi tre attivisti, che svolgevano attività perfettamente legali ed erano altamente addestrati per svolgerla anche in territorio assai ostile, le risposte che riceve sono talmente vaghe e fumose (i tre sembrano letteralmente scomparsi nel nulla) che manda sul posto due agenti bianchissimi, uno dei quali è però un perfetto figlio degli stati del Sud e ne conosce la mentalità. L'altro, che sarebbe il capo, un perfetto yankee con una visuale assai ortodossa e nordica sul corretto rapporto che dovrebbe legare bianchi e neri, passato un notevole momento di sconcerto si mostra comunque del tutto granitico ai garbati inviti (in effetti sempre meno garbati) a lasciar perdere e non impicciarsi e chiede rinforzi. Ben presto la cittadina dove i tre attivisti risultano scomparsi si ritrova letteralmente invasa da insopportabili agenti dell'FBI, che sembrano autoriprodursi e brulicano per ogni dove. Tutti comunque continuano a far muro, i neri per paura (terrore, dovremmo dire, ed è un terrore ampiamente giustificato), i bianchi perché sì e non se ne parla nemmeno di collaborare con quei pazzi che vorrebbero sovvertire il naturale ordine del mondo. Ai ragazzi ha ricordato l'omertà mafiosa. 
I tre attivisti nel frattempo continuano a non risultare da nessuna parte. In compenso abbondano i roghi di tutti i tipi e i pestaggio di neri colpevoli anche di aver respirato troppo forte in presenza dei bianchi.
E le scene dei roghi sono bellissime & altamente spettacolari.
Alla fine il muro si sbreccia e qualcuno parla, pur pagandola piuttosto cara; i corpi dei tre sventurati attivisti vengono ritrovati e i colpevoli - tra i quali brillano sceriffo e vicesceriffo e in generale tutti gli esponenti dell'aristocrazia della comunità, nessuno dei quali disdegna di incappucciarsi di bianco quando vanno in giro con le taniche per fare i fuochi d'artificio - vengono isolati, processati e condannati.
I roghi sono uno dei punti di forza del film, il rapporto tra i due agenti dell'FBI, inizialmente conflittuale e poi molto solidale, è un altro e Gene Hackman fa una gran bella interpretazione (a me comunque è piaciuta molto anche quella del collega perfettino, Willem Dafoe).
E' un film molto adatto a scuotere una classe un po' sonnolenta. Il linguaggio, come dire, non è propriamente dei più raffinati, ma serve molto bene a rendere l'atmosfera violenta. Anche i roghi e i pestaggi comunque aiutano.
Non c'è nessun pericolo che il messaggio non arrivi, anche se forse due parole di spiegazione sul sistema elettorale statunitense, che prevede l'iscrizione alle liste per votare, non saranno inutili per i giovani cittadini abituati a veder circolare per casa tessere elettorali alle quali è praticamente impossibile sfuggire.

Ultima nota di colore locale: rivedendo il film ho finalmente realizzato perché nel video di Like a Prayer Madonna passa il suo tempo a passeggiare meditabonda e combattuta in sottoveste invece di andare senz'altro alla polizia per scagionare il giovane nero ingiustamente arrestato: anche per un bianco (o per una bianca) certi gesti potevano rivelarsi potenzialmente pericolosi. In effetti il video è del 1989 e, anche se all'epoca in Italia non ricordo che qualcuno abbia fatto il collegamento, credo che si sia fortemente ispirato a questo film (tranne per le scene di Madonna in sottoveste). La canzone è sempre piaciuta molto, anche per il testo, perché è una bellissima canzone d'amore, ma anche per una sua atmosfera di redenzione e conciliazione che nel finale del film manca completamente.
E poi con i capelli neri secondo me Madonna stava benissimo.



*del tutto casualmente? Beh, l'osservazione è venuta di un alunno che stava raccontando la trama de Il buio oltre la siepe, e l'aveva letto e lo stava raccontando perché glielo avevo dato da leggere appunto a quello scopo. Ma il tutto era finalizzato, appunto, al razzismo negli USA; il collegamento con la cronaca italiana l'ha fatto lui. E tutti si sono detti assolutamente d'accordo, parlandone di cosa ovvia e visibilissima anche a un cieco.

sabato 17 febbraio 2018

17 Febbraio 2017 - Giornata Nazionale del Gatto

La Giornata del Gatto del 17 Febbraio è una tradizione italiana, e piuttosto recente. La data, ci dicono, fu scelta dopo attento studio in base al fatto che il 17 da noi è ritenuto un giorno sfigato ma anche perché Febbraio è il mese dell'Acquario, un segno di spiriti liberi e anticonformisti - e il gatto è ritenuto spirito libero e anticonformista per definizione.
Di fatto la maggior parte dei gatti viene concepita in Febbraio (qualcuno anche a fine Gennaio) e dunque Acquario e gatti sono indubbiamente collegati tra loro.
C'è di più, comunque: l'Acquario è anche alla base del tarocco della Temperanza, carta che raffigura la capacità di riequilibrare:
E infatti i siti gattari sono pieni di articoli che riferiscono di studi scientifici assai attendibili che affermano che la presenza di uno o più gatti in casa riequilibra la pressione degli umani e regolarizza il funzionamento di cuore e circolazione, quasi che a una persona sensata servissero incentivi terapeutici per tenere qualche gatto a portata di mano.
In realtà un gatto in casa è anche foriero di disastri (se gli va)
e raramente mostra segni di pentimento dopo averli commessi
aiutandoci con ciò a staccarci dalla vanità delle cose di questo mondo, che è sempre molto utile.
Inoltre il gatto è un animale felicemente libero da pregiudizi: ama chi gli pare, senza badare alla specie
e valuta le cose in base alle sue preferenze e non al loro prezzo, rivelandosi così alla portata di tutte le tasche purché queste tasche avvolgano un umano provvisto di una certa elasticità di vedute (che il gatto lo aiuta a coltivare):
Auguri dunque ai nostri amatissimi gatti (ma anche a tutto il bestiario, a due o quattro zampe o senza zampa alcuna, che allieta la nostra esistenza).
Per concludere, un piccolo omaggio ai miei due gatti blogger preferiti, al momento soppiantati dai blogger umani e qui ritratti ancora piccoli insieme ai loro due fratellini: Esserino e Balena.

venerdì 16 febbraio 2018

Le relazioni pericolose - Pierre-Ambroise-François Choderlas de Laclos

Non avevo mai comprato questo libro, che pure mi piace molto, perché cpmunque lo avevano i miei... nella vecchia edizione della BUR grigia, quella rilegata in cartoncino. E tuttavia gli anni mi hanno insegnato che, per quanto gloriose e ben curate come edizioni, commenti e simili, le edizioni della BUR grigia sono tutt'altro che eterne. Insomma, alla fine ho deciso di investire una fettina del bonus di aggiornamento per mettermi in casa questo bel classico, e dopo attento studio sui cataloghi editoriali ho scelto l'edizione Feltrinelli in virtù di una copertina molto pertinente tratta da un quadro di Fragonard che si intitola, guarda caso, La lettera d'amore. Un libro con una copertina pertinente al contenuto è roba molto rara in Italia, e Fragonard è assai contemporaneo agli eventi narrati. Prezzo 9 euro, più che conveniente. Naturalmente qualsiasi altra edizione può andare bene, purché si ricordi che il romanzo circola anche con altri titoli, ad esempio, nella BUR, I legami pericolosi, che è traduzione più letterale e con cui l'ho letto la prima volta. Inconvenienti dei classici, e Charlotte Bronte ne sa qualcosa.
Aggiungo che da questo romanzo sono stati tratti, soprattutto negli anni 80, numerosi film e sceneggiati dai più vari titoli che vantano splendidi costumi e cast di grande livello ma da cui ho avuto cura di tenermi accuratamente lontana - per bieco e probabilmente infondato pregiudizio, ma soprattutto perché nessun film, per sua intrinseca natura, può permettersi di mantenere il taglio originale del romanzo, che è un romanzo epistolare estremamente epistolare, dove cioè la storia viene appunto portata avanti dalle lettere. La caratteristica, per quel che ne so, è relativamente insolita: la maggior parte dei romanzi epistolari infatti racconta una storia, appunto, attraverso le lettere, con qualche puntello qua e là del "curatore" che spiega quel che le lettere non raccontano. Ma qui le lettere bastano a loro stesse, e il curatore si limita a qualche notarella molto occasionale per spiegare come mai manca questa o quest'altra lettera e cose del genere, e le lettere non solo sono parte integrante dell'intreccio, ma riescono a raccontare assolutamente tutto, lasciando abilmente intuire anche al più cretino dei lettori quel po' che non viene detto esplicitamente. Formalmente, insomma, si tratta di un lavoro perfetto, e proprio questa perfezione formale è uno dei motivi per cui ammiro incondizionatamente qjuesto romanzo.

Siamo nel tardo Settecento, nell'alta società francese, probabilmente tra 1768 e 1769 e l'azione si svolge in meno di sei mesi. 
La trama all'apparenza non è delle più originali: un po' per divertimento, un po' per scommessa e un po' per vendetta una coppia di amici in grandissima confidenza (ex amanti, con l'intenzione di tornare insieme almeno per un po' una volta terminate le  tresche on cui sono affaccendati al momento), rispettivamente un visconte e una marchesa, si accingono a portare avanti due separate imprese: la seduzione di una bella signora con gran fama di virtù, ovvero la presidentessa di Tourvel e, diciamo, "l'iniziazione" di una fanciullina freschissima di collegio delle monache, uscita da lì per andare a sposarsi. Lo sposo per lei scelto dalla di lei virtuosa madre ha a suo tempo fatto degli sgarbi a entrambi gli amici, quindi farlo cornuto in anticipo sarebbe una graziosa idea, giusto?
Traviare una fanciullina per dispetto e sedurre una donna di virtù col preciso scopo di piantarla subito dopo sono vicende abbastanza tipiche degli intrecci romanzeschi francesi - o lo sono diventati solo dopo questo romanzo? Non saprei. Le seduzioni a freddo comunque abbondano nella letteratura del periodo, e non sono nemmeno rari i casi in cui, nel corso della seduzione a freddo, il seduttore si innamora perdutamente, anche se raramente i risultati sono così disastrosi.
A questo punto ho già introdotto quasi tutti i personaggi principali, tranne uno: il cavaliere Danceny, che si innamora assai rapidamente della fanciullina, che si chiama Cécile, suonando l'arpa con lei sotto gli occhi della madre. Lui è un bravo e ingenuo ragazzo. Non che non cerchi di sedurre la fanciullina, per carità, ma sarebbe in realtà anche disponibile a prendersela con onore sposandosela - anzi, è perfino probabile che sin dall'inizio le sue intenzioni siano quelle.
Abbiamo quindi due donne di singolare ingenuità e di buoni sentimenti, una donna decisamente malvagia e una donna virtuosa (la madre di Cécile) che, da brava madre, si mostra singolarmente stordita; più un giovane di buoni sentimenti e un uomo malvagio che si ritroverà poi rovinato dall'amore per una donna buona, secondo il delizioso paradosso così caro ad Agatha Christie, più un terzo uomo sullo sfondo che è una discreta carogna pure lui, e che la marchesa riuscirà inizialmente a raggirare, ma che finirà riabilitato agli occhi del bel mondo pur essendoci in realtà ben poco da riabilitare. Sullo sfondo c'è anche una confidente, che è anche la zia del visconte, qualche altro personaggio di cui raramente ci si scomoda a dire il nome più alcuni fantasmi il più notevole dei quali è il presidente di Tourvel, provvidamente assente per tutto il tempo dell'azione per trattare importanti affari altrove, e di cui non ci viene detto niente di niente, anche se ufficialmente all'inizio della storia la presidentessa lo ama devotamente. E' buona, non dimentichiamolo, e lui è suo marito - ma il loro è stato un matrimonio combinato.

Le regole non scritte dell'alta società francese sono piuttosto rigide: le relazioni fioriscono rigogliose, ma gli uomini sono legittimati ad averle e quasi fa parte dei loro doveri sociali, mentre per le donne non è prevista indulgenza se la cosa si viene a sapere. Anche sciogliere queste relazioni per la donna può rivelarsi pericoloso, perché l'uomo mantiene un potere di ricatto molto alto e la donna deve manovrare con gran cautela per... farsi lasciare, pena il discredito. La disparità tra i sessi è evidentissima (all'anima del doppio standard) e la perfida marchesa la critica aspramente, senza che niente, ma proprio niente, intervenga a far pensare al lettore che le cose non stanno proprio come dice lei e lasciandogli anzi il sospetto che, al di là di una notevole tendenza alla manipolazione degli altri, certi suoi comportamenti siano semplicemente il prodotto di un legittimo desiderio di difendersi. 
Ma la prima e più importante delle regole non scritte, nonostante l'indubbio garbo e la poeticità del linguaggio adoperato per oltre 150 lettere per descrivere anche situazioni decisamente crude, è evitare come la peste il coinvolgimento sentimentale: di amore si parla molto ma è opportuno provarne il meno possibile, e questo punto di vista accomuna libertini e virtuosi, perché è universalmente noto che le passioni sono estremamente pericolose e andrebbero sempre moderate dalla ragione - che è un po' il messaggio di fondo della Nouvelle Heloise di Rousseau (che la vera Heloise avrebbe probabilmente considerato con sincero disgusto) e che è alla base dei ragionamenti assai speciosi con cui la perfida marchesa riesce a convincere la madre di Cécile (quando, presa da un occasionale attacco di buon senso, stava pensando di far sposare la figlia con Danceny, assecondando le inclinazioni della fanciulla) a non farne di niente perché i matrimoni d'amore rischiano di risolversi in delusioni.
Visto in quest'ottica, l'amore che nonostante tutto lega la presidentessa di Tourvel e il perfido visconte si rivela il più anarchico e pericoloso dei sentimenti, e si capisce anche perché il visconte si sforzi di negarlo con tutte le sue forze - in apparenza per paura del ridicolo, o della disapprovazione della perfida marchesa, ma più probabilmente per paura e basta. Rileggendo il romanzo ho anzi tratto la curiosa impressione che la presidentessa, che pure muore di dolore in una crisi di follia che ne fa forse la prima eroina romantica della letteratura occidentale sia l'unica che esca vincitrice dalla storia proprio perché le convenzioni dell'alta società non la coinvolgono più di tanto: vive il suo amore colpevole con rimorso e qualche senso di colpa, ma senza tradire la sua natura e i suoi sentimenti e soprattutto senza negarli: fortemente ama, fortemente soffre, dolorosamente muore ma anche se il visconte ha cercato di manovrarla, non ha mai potuto farle tradire la sua natura né negare i suoi sentimenti. E più di uno osserverà che non sembra una gran vittoria, ma in quel romanzo la presidentessa è l'unica che agisce esclusivamente guidata dai suoi sentimenti, cosa che non vale nemmeno per Danceny che gioca tanto a fare l'innocente, ma alla fine risponde al codice sociale esattamente come tutti visto che inorridisce davanti alle colpe di Cécile ma non si rende conto che sono esattamente le stesse di cui si è macchiato lui. E, sempre a proposito di Danceny e Cécile, possiamo osservare che la vera origine del loro (notevole) dramma, e delle colpe di cui Cécile si macchia, anche per colpa della sua deplorevole ignoranza, sono dovute principalmente dalla preoccupazione della madre di lei di far fare alla figlia "un buon matrimonio" che, a conti fatti, non dà nessuna garanzia di rivelarsi tale anche perché il di lei promesso sposo (un altro dei fantasmi che popolano il libro e che intravediamo in una sola breve lettera) non nutre, comprensibilmente, alcun sentimento verso una ragazza che non ha mai visto e con cui non ha nemmeno scambiato, in un romanzo dove tutti scrivono a tutti, un banale biglietto di auguri per il compleanno.
Come forse si potrà intuire dal riassunto che non ho fatto, non è un romanzo allegro (anche se non manca di un certo humor lugubre qua e là) e finisce male, ma proprio male: perfino i cattivi vengono puniti, in modo piuttosto crudele, e il finale risulta disseminato di macerie, giovinette infelici che si rifugiano in convento eccetera. E' anche un romanzo opprimente, perché già verso la metà il lettore si rende conto che le speranze che qualcosa, qualsiasi cosa, finisca bene sono veramente minime. Tuttavia è un romanzo veramente bello e mi sento di raccomandarne la lettura a chiunque non cerchi una lettura leggera che lo rilassi e gli tiri su il morale.

Con questo lugubre post (dove, come ho già detto e ripetuto, alla fine il bene non ci pensa nemmeno a prevalere) partecipo al Venerdì del Libro di Homemademamma e auguro buone letture a chiunque passi di qua: fuori è ancora freddo e il tempo del piumone e del kotatsu non è ancora passato, ma una buona lettura d'inverno è sempre indicata.

mercoledì 14 febbraio 2018

Eterna malattia

Negli ultimi mesi, mentre navigavo tra un sintomo strascicato e l'altro, un giorno mangiando male, un giorno mal dormendo, un altro digerendo a stento e l'altro ancora sentendomi sfinita per l'immane sforzo richiestomi dal mangiare, dal dormire e dal digerire, il tutto unito all'immane fatica di recarmi a fare il mio onesto lavoro - unica cosa che riesce a tenere uniti i fili ancora sfilacciati della mia grama esistenza - mi tornava con insistenza alla mente una delle più orride canzoni mai sentite a Sanremo, ovvero "Eterna malattia", cantata (male) da tale Bertin Osborne, di cui mi guarderò bene dal postare il link - mi auguro anzi di essere l'unica sventurata che ancora se la ricorda, in virtù di una tenace memoria che non sempre è un vantaggio. Tale canzone sviluppava il tema assai consueto dell'amore come dolce malattia che fa male e che fa bene, con una singolare rozzezza sia nella musica che nelle parole.
Quanto alla mia personale eterna malattia, piuttosto scevra da complicazioni romantiche, mi rende ancora assai sensibile a qualsiasi malanno circoli per il mondo; ma va pur detto che quest'anno l'influenza è assai perversa e ha mietuto vittime nelle sue forme più strane anche tra persone che invero godono abitualmente di buona salute, e la forma con cui è approdata fino a me è una curiosa infiammazione che, partendo dalla gola, ha interessato il trigemino e pure un braccio che si è mirabilmente gonfiato costringendomi a mettermi per la terza volta quest'anno in malattia. Eccheppalle.
Tuttavia gli sfiammanti stanno sfiammando anche zone insospettabili, e improvvisamente mangiare è tornata una attività piuttosto piacevole. Così, tra una tachipirina e un deflogistico passo le giornate a dormire, e le nottate anche, facendo sogni decisamente strani ma non privi di una loro piacevolezza, e ho pure ripreso a leggere.
Siccome è San Valentino però ho pensato di mettere qui due delle mie canzoni d'amore preferite, dedicate alla grande potenza di questo nobile sentimento invece che al suo aspetto medico: la canzone di Fenton nel Falstaff


splendida e inarrivabile descrizione dell'amore tra ragazzi, e la grandiosa The Power of Love che su di me ha sempre un magico effetto rigenerante, come una doccia sotto una cascata (almeno immagino, perché io una doccia sotto una cascata purtroppo non ho mai avuto il piacere di farla).

Oltre che una malattia, l'amore è la più grande cura di ogni male secondo me, e davanti al suo potere i malanni scompaiono per lasciare il posto a un ben più grandioso ordine di idee e di sentimenti.
Con i migliori auguri a tutti quelli che passano da qua - e un pochino anche a me, che vorrei tanto diventare meno lamentosa.